Bartolo Cattafi, Alfiere

Sul piano inclinato
delle nostre azioni
all’ultimo bivacco
giunti a pochi metri dalla morte
col dito sul grilletto
chi può ancora salvarci è l’impettito
alfiere
se si sgonfia
se la bandiera butta alle ortiche
se al nostro re va a dirgli Scacco
e rompile per sempre
non mettere in ordine le righe.

(Da Simùn, a cura di S. Ramat, Edizioni San Marco dei Giustiniani 2004)

Fabrizio Morlando, Come balene spiaggiate

Una volta ci voleva regalare un bel cucciolo di cancro lo zio
che stava di casa vicino a quella topaia chimica in culo alla città,
diceva che tanto lui ce ne aveva un allevamento intero
e che si riproducevano come conigli infoiati che non sapeva
più dove diavolo metterli, che era costretto a darne qualcuno via,
noi a casa mia non ne prendemmo neanche uno e che tristezza e che pena,
papà diceva che un piccolo tumore in appartamento soffre,
che poi non ci mette niente a crescere e diventare grande e grosso,
perché quel tumorino paffutello era di quella razza che si fanno grossi così,
di taglia grande e quindi quattro mura non potevano far altro che soffocarlo,
che c‟avrebbe avuto bisogno di sgambettare indisturbato
e no di prendere il thè alle cinque con i pasticcini all‟arancia
e marmellate ai frutti di bosco, che poi quanto costa tenerlo su bene,
dottori e medicine per tenergli il pelo lucido e le vaccinazioni poi,
non abbiamo tempo noi e la passeggiata serale
con annessa pisciatina rigenerante, Dio mio,
ricordo che lo zio ci rimase molto male per „sta cosa, non si riprese più,
s‟era fatto bianco bianco e se ne stava con lo sguardo a fissare il vuoto,
fermo immobile nel suo letto e tutt‟attorno i suoi adorati tumorini
a tenergli compagnia, non posso proprio togliermelo dalla testa,
sbucarono parenti da ogni dove, ne trovavi dovunque:
nei cassetti per esempio, tra i calzini coi rattoppi e le mutande ascellari,
altri in frigo al posto delle uova, nella dispensa,
qualcuno nel cesso ci s‟era lanciato con un tuffo con avvitamento
coefficiente di difficoltà novepuntocinque, tantissima gente tutta per lo zio,
qualcuno tanto che era contento di stare in sua compagnia che
addirittura piangeva commosso, io pensavo “quant‟è bella sta famiglia unita
con tutto sto Bostik-affetto” quando mi si avvicinò mamma e mi fece:
“Ora tu sei grande e puoi capire, lo zio ci ha una brutta cosa”
che io rimasi lì su due piedi che altrimenti sarei stato una gru,
perplesso come non mai, me ne andai al cesso ad elaborare il lutto.
Come balene spiaggiate, ecco come ci sentivamo tutti.

 

(Da Caramelle dagli sconosciuti, LietoColle 2017)

Patrick Williamson, Safe Passage

Safe Passage

A piece of wood salvaged by the storm lurches past
on curled tips that chase their tails — you
the safety of a straw, the metronome beating
as the boats rock in counter yaw — curves
carried like your heart pulses under skin,
steady breath lifting your chest — rushing past
commanding those who swim to take to the ship, boards
and flotsam will carry the rest — lifting me
with your scent, your presence, that presence
I am so close to, that body I wish — to touch.

Passaggio Sicuro

un pezzo di legno messo in salvo dalla bufera ci sopravanza
su punte arricciolate che si cercano la coda — tu
la sicurezza di una cannuccia, il metronomo che batte
mentre la barca oscilla contro l’imbardata — curve
condotte sotto pelle come il battito del cuore,
il petto sollevato in un respiro regolare — ti affretti oltre
comandi a quelli a nuoto di salire sulla barca, tavole
e brandelli porteranno gli altri — mi sollevi
col tuo profumo, con la tua presenza, la presenza
che mi è così vicina, quel corpo che vorrei — toccare.

 

(Da Crossings / Traversi, traduzione di Guido Cupani, Samuele Editore 2018)

Cinzia Marulli, Il senso bianco delle nuvole

È la mia strada
che non conosco

ma non mi importa
mi piace il vento
e il suo trasporto.

Tu mi guardi come fossi nebbia
eppure sento una voce
una voce chiara
e la tua risposta
che fulmina il pensiero.

Dimmi.
Copri questa domanda disperata.
«Dov’è il senso del sentiero?»
Lo chiedo a te che stai lì
con le mani nella terra
e i piedi in aria come radici celesti.

«Il senso del sentiero» mi dici
«non è nel percorso
e neanche nell’arrivo.»
Poi la certezza:
«È nel ritorno.»

 

(Da Percorsi, La Vita Felice 2016)

Nenad Glisic, Per la mancanza di una nota ufficiale

U NEDOSTATKU SLUŽBENE BELEŠKE

na valjevskom autobuskom depou
pomilovao sam mršavu kuju

ona je svoju vlažnu njušku
zavukla u moj rukav
mašući repom

dva policajca i
jedna debela žena
gledali su prezrivo

ipak
službena beleška nije sastavljena
pa je pesma jedini trag

u nedostatku ozbiljnih
zvaničnih izvora
poezija je jedini oslonac

autobusi su otišli a
kuja je ostala
mršava

*

Per la mancanza di una nota ufficiale

Al deposito degli autobus per Valjevo
stavo accarezzando una cagna magra

Aveva messo il suo naso umido
nelle mie maniche
agitando la coda

Due poliziotti e
una donna grassa
mi guardavano
con disprezzo

Eppure
la nota ufficiale è rimasta non scritta
così la poesia è l’unica traccia

Per la mancanza di più serie
fonti ufficiali
la Poesia rimane solo un supporto attendibile

Gli autobus sono andati
e la cagna è rimasta
magra

 

(Da Nella pancia della bestia, Gilgamesh Edizioni 2014; traduzione di Fabio Barcellandi)

Monica Messa, Che cosa volete da questa poesia?

Che cosa volete da questa poesia?

Un sorriso,
una carezza,
una formula di vita,
uno specchio riflesso,
un volo su carta,
un razionale?

Oppure volete parole
un po’ molli
fatte di cenere grigia e ormai spenta
che parlino di letti sepolti da corpi
nidi d’amore,
fuochi di steppa?

O meglio
tramonti a strisce sui colli,
riva bagnata
che retrocede alle onde,
prati, orizzonti, lame profonde?

O infine cercate
radici non vostre,
ricordi soffiati
di vetro sottile,
frammenti di vite
dissolute e banali?

Non è compito delle mie parole
asciugare lacrime,
suturare ferite,
chiudere occhi,
riattaccare frammenti.

Occorrono
mani capienti
e piedi robusti
che ci trascinino
a forza
davanti a porte e cancelli.

Occorre
una carezza ben posta,
un po’ di tempo donato
e ad ogni richiesta, almeno risposta.

La poesia è in carico alla sera,
quando tutto
sottende il rischio già corso,
quando il respiro si fa quasi rosso.
Chiudete i pensieri,
prendete un bicchiere,
la luce già spenta;
la tenda spiegata
racchiuderà nell’onda, l’intera giornata
e si faran vividi
i singoli versi
di quella poesia
che ascolti con gli occhi
e pensi: è solo mia.

 

(Inedito)

Francesco Fedele, Anemocoria

Lasciare le mie radici marce
in una palude chiusa nel tempo
una firma schiusa in calce
per librarmi nel vento

fiorire oltre il cemento
la mia parabola, una strana scia
segue la mia vita:
sono Anemocoria.

 

(Inedito)

Eva Taylor, Caro Signor B

Caro Signor B,
non riesco a immaginarmi una casa ideale,
perché ho un problema con l’ideale.
Mi spaventa, mi raffredda il mondo
non vorrei vivere in un frigorifero.
Basterebbe una stanza tutta per me.
Forse deve crescere da terra come un cespuglio
starò dentro nascosta, ma non protetta
parlerò col vento, risponderà la luce.
La mano? Come radice
da oggi fino a quando tiene.

 

(Da Lezioni di casa, Arcipelago Itaca Edizioni 2019)

 

Gianluca Garrapa, Gli alberi hanno sangue che gli occhi non vedono

gli alberi hanno sangue che gli occhi non vedono perché
non è rosso. gli occhi hanno esercizi di stile per distinguere l’umano
dall’umano. l’uomo dalla donna la donna dalla donna
l’uomo dall’uomo e la pasta dal riso. certi vasi d’altro canto non
possono che contenere fiori. contenendo un imbuto che contiene
anche i fiori da loro contenuti. e l’occhio che li sfiora. scivolando
sul diagramma inconscio degli odori. sempre che il possessore
dell’occhio abbia sufficienti capacità sinestetiche. introspettive
e taumaturgiche. si chiude. di luppolo e senso di responsabilità
mediocre. vigliacco davanti alla morte. martire del vuoto che lo
crocifigge. marito di una felicità puramente chimica. moglie di
una saggezza che è solo nei libri. amante dell’irrealtà del reale
tanto da credere fermamente a. gli alberi hanno sangue. che i
suoi occhi privi di clorofilla. non vedono perché non è rosso.

 

(Da Di fantasmi e stasi. Transizioni, Arcipelago Itaca Edizioni 2017)

Anna de Noailles, Es-tu bon?

Es-tu bon ? Oui, puisque je t’aime
Et que tu vis. Je puis tenir
Tout acquiescement de toi-même :
L’amour n’a pas d’autre problème
Que d’autoriser le désir…

*

Sei buono, tu? Sì, giacché io ti amo
E tu vivi. Da te posso ottenere
Il tuo completo abbandono:
L’amore non ha altro problema
Che autorizzare il desiderio…

 

(Da Poesie d’amore, a cura di Andrea Breda Minello, Arcipelago Itaca Edizioni 2019)