Non avendo che un tempo di curarsi, della bocca
aperta si fece spazio ad estrazione, a cassetto, vano
per Lego, d’un costrutto verbale la sede annacquata,
l’asporto delle braccia che non stanno all’incastro
del dire lo spazio, la fessura occupata dalla dicenza
d’un bosco aspirato e farcito, dopo, da muscolature,
tessuto cartilagineo a colmare lo strappo, la distanza
che corre tra le betulle, eccetto delle pozze piovane
la sommersione prevista parziale: un discorso a parte
dove si va a periodi, se non occorre la calza asciutta
al processo d’imbalsamazione, se fa buona presenza
ugualmente, attraverso l’arco a cui s’accede al testo
quando condensa di traverso, facendo leva sull’epoca
per accorpare un secolo nelle due (i)stanze multiple
di due, aventi un mancamento sul tetto delle palazzine
nella manovra di avvicinamento, mettendosi in bocca
parole, come si dice, quando un tempo non permette,
attraverso un rovescio, la precipitazione sulla terra
nello stesso decennio, ed occorre cadersi manualmente
tra le braccia, estraendo un verbo declinato dal cavo
orale per grondare un temporale, fonema per fonema
(Inedito)