Raffaele Castelli, Il vizio della caduta planare

Quarantacinquesimo farsi sera
all’uggia d’un tratto immaginato
dalla presenza di una persona
sul Parallelo dell’isolamento
geografico, fisico. Umano
fatto di quanta chimica contiene
quanto possono le scarne speranze
morderne e addentarne le spoglie.
Basta non toccare. Non respirare.
Non azzardarsi al sentir dolore.
A guardar bene scorgi vitalità
nei giovani ignari del domani
che dicono lingue senza frontiere
seduti a distanza di certezza:
il quarto stato della materia
la parte liquida del nostro sangue
o del suo fluire nel monitor
dell’impalpabile volubilità.
Quindi non toccarmi. Non respirarmi.
Sono l’avvento del tuo sapere.
Sono il tuo intelletto scemo
la sepsi della connessione certa
il guasto nella tunica griffata
la contaminazione del prodotto
la corruzione nella rotazione
l’infezione ronzante d’un insetto.
Il vizio della caduta planare

 

(Da La zona rossa, Transeuropa 2020)