Dimitri Milleri, Tavole nere

Tavole nere, un’araldica
fissa sul segno meno, un giustapporsi
di cuspidi contrarie, come sai.
Geni monotoni, che poi significa
magre combinazioni.
E se anche non chiedessi niente, il corpo
abbarbicato in dure geometrie,
sarebbe già messaggio —
e quanto costi trovare i pigmenti
in questo nero davvero non so
se tu lo sappia o meno,
né so cosa sperare
“ho imparato
come i pronomi si confondano in un rito
che non si dà deviare”.
(la frase mulinata per sentire
se l’ansia di servirti non coincida
col peso da fugare)

 

(Da Sistemi, Interno Poesia 2020)

Dimitri Milleri, La gerarchia delle valute

La gerarchia delle valute, il trust, le transazioni
e il decumano, e i buoni e il cardo illimpidiscono
nel fitto della spiaggia.
Non è erroneo nei nomi dei lidi l’ammiccamento
all’Est citato male: qui il nirvana
muove da un vuoto proposizionale, cambia segno,
vuole il rituale rigido, il gesto muto, cerca
l’estuario della specie.
Diventa fede discreta: sbriciola sul volto
di chi la dice,
fonda reliquie misere:
la cassa, il tanga, il flyer, la prevendita
col santo e la risata composta.
Ci entrano dentro come l’olio nell’acqua, cercando
l’andatura più esatta, un volto buono, ma le cause,
la relazione e il senso a forza si ritraggono
coi gasteropodi nei pyrex.

 

(Da Sistemi, Interno Poesia 2020)