Mario Melis, Come se pronunciare il nome fosse conoscere

Come se pronunciare il nome fosse conoscere
sebbene il nostro compito sia dire
trascuriamo i giorni che furono dati
continuando in un’altra vita.
Al margine del campo germoglio di Zaccaria*
che la terra nutre
la mano carezza.
Tu morivi un poco dopo in ritardo
testimone perché siamo soli.
Essere transitori dell’aria
e del cibo nel corpo
dove l’anima si stende.
Tutto pretende un viaggio
la voce la sostanza che cammina.

* Nel libro biblico di Zaccaria 3,8: “Ecco io manderò il mio figlio Germoglio”

 

(Da Rendiconti di viaggi incompiuti, Edizioni Cofine 2019)

Mario Melis, Presta attenzione agli abeti puntuti

Presta attenzione agli abeti puntuti
e ai loro intervalli nel verso delle cose
(e in questo verso diverso)
stanno a dire altro sotto le parole
in rotoli fumosi procedendo da ignote lontananze
l’evidenza del nome che lo sguardo divarica.
Perciò sapessi figlia
quante colpe e pentimenti vani
nutrono a te la carezza degli occhi
che complice mi proponi il tuo farmaco
di infantili scongiuri contro la crudeltà tedesca
mi imputeresti il tradimento dell’abbandono
anche d’altri con il tuo volto
oltre la colpa del mutare dei giorni ripugnando
la mia viltà di un tempo srotolato a ritroso
forse per l’accidia piovosa della sera colloidale oltre i vetri
mi fingo altrove su una miniatura di tram
galleggiando sul Tejo di tua madre a Lisbona
l’abbaglio per le chiome bionde di un passante
della morta Mariangela tradita:
protesta perché indulgo a compenso
al tossico notturno di tiepide relazioni di fantasmi
il dilemma di accompagnarmi a lei nel sogno
per amore dovuto dal rimorso invece dell’altra morta
di viltà accanto al braccio nelle strade

 

(Da L‘Altro, Edizioni Cofine 2004)