Mariapia Crisafulli, Le sei e ventiquattro

Seduti
sfocati
consumati
assorti
insorti – come fermate –

vanno

Andiamo tutti

Biglietti obliterati
invadono sedili
vuoti
nell’attesa di nessuno
accanto

Ciascuno tiene il posto alla propria
solitudine

Ciascuno esercita la propria
solitudine

come un diritto

 

(Inedito)

Giulio Marchetti, Ognuno tra le mani stringe

Ognuno, tra le mani, stringe
una conchiglia, dove soffia
e custodisce la propria voce:
la parola è un segreto da non svelare.
Ci urtiamo senza toccarci, di notte
come se questo, delle cose,
fosse l’ordine naturale
come se ogni stella avesse
un cielo.

 

(Da Specchi Ciechi, puntoacapo 2020)

Miro Gabriele, Nel giardino degli assenti

Nel giardino degli assenti
ombre irrequiete segnano la terra
i papaveri s’inclinano
sull’intonaco celeste e il soffio
in forma di colomba inghiotte
il fiore che recide l’affanno,
lo sguardo è netto il passo
parallelo, il sole scende
accanto alle piccole rose
accese come labbra lungo il muro,
e il buio già le spinge
nel grembo umido davanti a noi.

 

(Da Le città antiche e altre poesie, GBE Editoria)

Antonia Pozzi, Pensiero

Avere due lunghe ali
d’ombra
e piegarle su questo tuo male;
essere ombra, pace
serale
intorno al tuo spento
sorriso.

 

(Da Tu sei l’erba e la terra, Garzanti Editore 2020)

Daniele Vaienti, Autunno

Cosa me ne dovrei fare
di questo autunno
bagnato
che fa paura
tutto sbagliato
come la mia punteggiatura
questo autunno
che ha tolto il sorriso alla città
che ci si abbraccia per necessità
ché fuori fa freddo
e dentro
non si può fumare.

Ecco
di questo autunno
cosa me ne dovrei fare?

 

(Da La notte passerà senza miracoli, Edizioni del Faro 2019)

Adriano Spatola, Senza Finestra

L’odore dell’odore è denso e sopportabile
vivace con tono alto e isterico dolce
negli angoli spesso acuto e penetrante
però difficile da riconoscere intatto
imbarazzante nervoso pronto per l’olfatto
per la possibile sua visualizzazione
chiuso l’inferno gli rimane la visione
il disinfettante il fermaglio per le stampe
limoni gialli cipolle carta consumata
la pioggia inesistente e affogata
compressa per ora in questi fogli piagati

 

(Da Opera, [dia•foria 2020)

Eunice Odio, E sto come le rose

E sto come le rose
disordinando l’aria.

(Da Come le rose disordinando l’aria, a cura di T. Pieragnolo e R. Gallitelli, Passigli 2015)

Angelo Marco De Iorio, Nella chiusura

La sveglia mi ha uscito nel balcone.
Secondo alcuni, la Crusca avrebbe
legalizzato la transitività del mio corpo.
Un raggio trafigge lo schermo dell’ego
e ascolto il pianto delle case allarmate;
ma aprile non permette inquisizioni
arriva lento come un morbo.
Si sente da lontano l’aria che si scalda
ma le cose sono qui, nel centro della stanza,
come un mulo nel campo biondo.

 

(Inedito)

Francesco Picca, Respiro

La bocca morde
questa lurida menzogna,
che l’amarsi è troppo,
che l’amare è sfinirsi.
Amo il sibilo sul petto
del tuo respiro frantumato,
la dolce e nuda morte
di un mattino codardo.
Sarà scaltro il nuovo giorno,
ruvido ma veloce,
e cadranno le tele, i palazzi
e ogni nostro dubbio.

 

(Inedito)

Dimitri Milleri, Tavole nere

Tavole nere, un’araldica
fissa sul segno meno, un giustapporsi
di cuspidi contrarie, come sai.
Geni monotoni, che poi significa
magre combinazioni.
E se anche non chiedessi niente, il corpo
abbarbicato in dure geometrie,
sarebbe già messaggio —
e quanto costi trovare i pigmenti
in questo nero davvero non so
se tu lo sappia o meno,
né so cosa sperare
“ho imparato
come i pronomi si confondano in un rito
che non si dà deviare”.
(la frase mulinata per sentire
se l’ansia di servirti non coincida
col peso da fugare)

 

(Da Sistemi, Interno Poesia 2020)