il mio corpo esiste, ne sono sicura, nudo o vestito esiste.
lo posso toccare lo posso sentire. anche da fuori
del corpo mi arrivano informazioni vaghe, bisbigli
dell’esistenza del corpo.
ma è certo che non posso vederlo, il mio corpo, tanto
meno vederlo in azione, mentre si muove più o meno
spontaneamente. dovrei presupporre un corpo fuori
di me un corpo fuori di sé. un corpo che è me e che non è
un corpo che è sé e che non è sé. un corpo
che non sono io.
ma è certo che non posso separarmi del tutto da me, e non
potendo separarmi del tutto da me non posso far altro
che restare a guadarmi mentre sono fuori di me, mentre
non sono io.
mentre sono fuori di me mentre non sono io il mio corpo
visto da me è parte integrante del paesaggio
fuori di me. è dentro l’architettura che hanno le cose è
dentro le cose è quelle cose.
il mio corpo è un camino il mio corpo è un catino il mio
corpo è un corpo sospeso ad un architrave il mio
corpo è un serpente dentro il catino il mio corpo è
un altro corpo.
tutte cose che sono me in quanto le vedo tutte cose che
non possono essere me perché sono fuori di me.
il mio corpo è in tutte le cose che vedo ma non tutto
intero, a pezzi, un po’ qua e un po’ là, in modo vago.
anche lo specchio fallisce nel tentativo di rendere
il corpo in azione. dovrei sorprenderlo quando non sa
che ci sono e mi sto specchiando dovrei assumere
in me inesistenti quanto improbabili pose o movimenti.
(dalla sezione Gesti, Paesaggio con ossa, Arcipelago Itaca Edizioni, 2017)
Mi piace:
Mi piace Caricamento...