Gregorio Tenti, Si muovevano bene perché figli di carnefici

Si muovevano bene perché figli di carnefici, come la mano senza appetito della specie cui appartiene il presente. L’evoluzione ha tollerato lunghi sforzi e grandi voli; poiché certo è più facile sperare

(Da Corpi sommi, Transeuropa Edizioni 2020)

Daria De Pellegrini, non era gioco la neve

non era gioco la neve / né candore
il silenzio / rare e preziose le sere
che sola in casa facevo per me
tutta nuova una fede / resistere
per essermi degna / sul balcone
offrire nuda la pelle alla crosta
gelata / amarne gli aghi come prova
d’amore / la bocca aperta trasfonde
la vita / in un punto / uno solo / è
disgelo / la lingua quando sente
bagnato il sapore del legno non teme
le schegge / si cede e si tace / impegna
al segreto la comunione coi santi

(Da Altalena sui larici, Interno Poesia Editore 2019)

Giovanni Giudici, Con lei era difficile

Con lei era difficile. Ma non rimpiangere
il giugno lontano, la parola cuore,
i denti come perle duri sul bacio inesperto,
la mano timorosa, il contemplato pudore.

A ripensarci, lei era poco più d’una sciocca,
oggi diresti che la mette giù dura,
e molto meno ti chiede colei che ripete:
cinquemila in albergo e in macchina due, con la bocca.

(Da Tutte le poesie, Mondadori 2014)

Daniela Pericone, Lentamente

Lentamente
orientava le stanze
a un altissimo sole
dimenticato, diverbio
d’ombre il mattino
si china al passaggio.
Ventura di stagioni
dileguare la polvere,
le abitudini – si ritrae il ramo
alla foglia, ai suoi ritorni.
Il guscio tra i nidi affretta
la schiusa, ripete il volo.

(Da La dimora insonne, Moretti & Vitali 2020)

Luca Bresciani, Resto con la cerniera abbassata

Resto con la cerniera abbassata
attorno alla mia parte nuda:
a quanti metri di buio
il mio diventa il nostro?
Sotto le fughe dei pavimenti
condividiamo urgenze e bisogni
e succede lontanissimo dagli occhi
quello che non accade guardandoci

(Da Linea di galleggiamento, LietoColle 2020)

Luigi De Rosa, Dita

Una ragazza tranquilla,
sopra lo schermo il nome dell’operatore
sotto lo schermo le dita senza smalto,
ogni pagina aperta una via che porta altrove,
lontano
una ragazza tranquilla
muove passi eccitati usando le dita senza smalto che scorrono,
e lontano c’è casa
(sì, casa, una via deve sempre portare verso casa
dove ci sono colonne bianche di sole
e ammassi di voci troppo familiari che si arrampicano ovunque)
immagine fotografica irraggiungibile
senza il nome dell’operatore,
contratto scelto con accortezza,
le lunghe ricerche su internet passate a contare,
si tratta di una ragazza tranquilla agitata
dalle pagine che scorre verso destra:
e più le vie portano lontano più le dita tremano
e l’operatore non basta alla ragazza tranquilla
per comunicare che su quelle dita non c’è smalto
perché tremano troppo.

(Inedito)

Simone Consorti, Alla frontiera

La guardia di frontiera
ha detto che non sono io
e che neppure mi assomiglio
tantomeno mi potrei spacciare
per mio padre o per mio figlio
Mi intima di restare fermo
e per convincermi
mi mostra uno schermo
che qui chiamano specchio
Gli altri passano e mi guardano
facendo di no con la testa
Devo essere una brutta persona
se sono l’unico che resta
Mi studio di nuovo sul mio documento
ma la guardia mi spiega che è vecchio
e lo straccia
fissandomi con la mia faccia

(Da Le ore del terrore, L’arcolaio 2017)

Raffaele Floris, Senza margini d’azzurro

Abbiamo soffocato anche gli odori
della cucina, la finestra ha un cielo
angusto contro i vetri, senza margini
d’azzurro, senza voci di ragazzi.
E noi, che abitavamo nei cortili
come briganti, dov’è il nostro cielo?
Dov’è il sapore della nostra vita?

(Da Senza margini d’azzurro, Puntoacapo 2019)

Federico Scaramozzino, Una poesia per indiziati

Una poesia per indiziati, un dire
sboccato, una parola
screanzata che si fa largo
e spadroneggia il silenzio.
In queste pagine spresidiate,
aperte al pubblico, in questi spazi
senza transenne
mi faccio tramite,
peccatore come sono.
Autore senza creato
che nulla aumenta
con questo scrivere
in contumacia
la sua condanna al resto
incompiuto della pagina.

(Da Temo che venga l’angelo, Italic 2019)

Gregorio Tenti, Sognavamo un apparecchio automatico

This is where the serpent lives, the bodiless.
(Wallace Stevens)

sognavamo un apparecchio automatico, un respiratore
lo splendore autonomo delle facoltà trascorse
fuoriuscito dalle crisi precedenti, il serpente
del vetro gli uffici caldi d’esistenza
fino alla bestia più orale
che dall’area calma si possa non tornare
il carico di vetro osceno e sorridente
nelle biblioteche di Verona e in Via dei Volsci,
il tuo esistere futuro inavvertito: tutto il cortile
consiliare è passato da qui; i tessuti umani
sono quasi incomprimibili

(Da Corpi sommi, Transeuropa Edizioni 2020)