Julka Caporetti, I giorni

I giorni delle titubanze, quelli delle porte chiuse.
I giorni delle raffiche, delle parole continue, degli embrioni, delle associazioni.
I giorni dei boschi, quelli dei limiti, quelli dei salti.
Atterraggi sui fanghi, su morbidi cuscini.
Un gatto sulla testa… Dio come ho dormito bene!
I giorni di una storia, un’ora dopo l’altra.
Il ‘sempre’ è simile a una volontà, si chiama come una canzone.
I giorni che non puoi, i giorni che non vuoi.
Dio… che razza di banalità è mai un accento!
I giorni da scrittore, quelli da pezzente, quelli dei concerti, degli avvenimenti.
I giorni di un secondo, quelli in cui sei solo.
Tutti i giorni del mondo piovuti in una diga, spanciati fuori; hanno fatto danni, hanno fatto morti.
Litri e litri di solitudini.
Persone alle finestre guardano panorami. ‘Che sarà mai!’, sono solo alberi galleggianti.
I giorni da due lire.
I giorni di Cristo, lo suonano ai campanelli, la salvezza su un giornalino.
‘Troviamoci giovedì’, dicono, ‘Preghiamo, solo giovedì’.
I giorni che non ne puoi più, quelli che ne vuoi ancora
e ancora
e ancora
e ancora
e ancora
e ancora
e ancora
e ancora.
I giorni delle ipnosi, quelli dei flash, quelli degli aeroporti: volare lontano fa bene alla salute fa, altro che.
I giorni che contano, quelli che conti, quelli che mancano, quelli che arrivano.
I giorni di tu.
I giorni in cui capisci.
I giorni dell’espatrio, i giorni del cuore, i giorni del rumore.
Lenzuola lisce, arriverà Natale, Dio santo le palline, Dio santo le lucine, Dio santo le statuine.
I giorni che passeremo.
Amore mio azzera tutto, non ho scritto niente. Ho scritto solo questo:
viva il futuro, viva quel treno.

 

(Da Capriole Finite Bene, Il Seme Bianco Edizioni 2017)

Julka Caporetti, Dentro la fuliggine delle tue ossa

Dentro la fuliggine delle tue ossa non c’è disegno integrale che tenga.
Soltanto una parola regna, un impetuoso rompicapo.
Una vertigine a strisce ti sorregge, non più ossa,  non più ossa, non più.
Una vertebra arancione e arrugginita fa di te una regina.
Nella tua andatura trattenuta, puntuta, imperano sovrane le tue ex poesie
come pietre calcaree che fan di te montagna, calanco, cava, cisterna, ecosistema.
Tutte le gerbere che volevi consegnare al mondo giacciono lì, smontate nei petali.
Lo scenario che hai da offrire è un colore indicibile, innominabile, scellerato e mai considerato prima:
rosa.

(Da Capriole Finite Bene, Il Seme Bianco Edizioni 2017)