Valentina Pinza, Ritirata

Le persone non attecchiscono, sfaldano pian piano
senza panorami, vedute d’insieme.
La morte non fa per noi
perché dalla sabbia non nasce nulla, affioriamo
da una manciata spostata prima che un piede
ci affondi, prima di piombare a picco dentro
la terra bagnata.
Ci sono persone che cercano tesori, monete, ori
ma io ho visto carcasse portate dalla corrente
d’inverno giù dal Po, alberi stroncati, copertoni
e quello che raccogliamo volentieri sono le poverazze
nelle giornate di ritirata, un paio di chili di quelle piccole
per non andarcene a mani vuote.

(Da Il pane del giorno prima, Giuliano Ladolfi Editore 2015)

Valentina Pinza, Cosa c’è stato di mio nel tuo corpo

Cosa c’è stato di mio nel tuo corpo
cosa ci ho messo, non con le dita la lingua i giochi
i piedi la pelle che ricopre tutte le giunture indurite gli spigoli
delle ossa le cartilagini
le mucose i peli le pieghe i fluidi
lo spessore che cambia da parte a parte, nei minuti
nelle ore nelle fasce muscolari che si gonfiano e rilasciano
spingono lo spazio di una stanza di un letto
di ogni microrganismo entrato
che c’era prima di noi che ha lasciato tracce
dopo l’ingestione la digestione l’espulsione
cosa è nato di mio.

(Da Poesie del corpo, poemetto in progress inedito)