Dobbiamo morire. Questo è l’assurdo.
La voce che chiamò istinto, la forbice
nera del vuoto. Il tempo ci dà spazio.
Noi speriamo nel raccolto. Bruciamo
la legna che ieri abbiamo ammucchiato nel
bosco, una faggeta verde, freschissima
che non darà calore. Spalanchiamo
nell’acqua le mani, torno a pregarmi,
l’invisibile oltraggia gli occhi, certe
barche che resteranno ferme sulla
riva per sempre. Non mi batte il cuore.
Blocco la voce sui petali azzurri
delle petunie. Ora puoi dire senza
rancore, in piena luce: non è niente.
(Da Luogo del sigillo, Fallone Editore 2017)