Figli di petrolio e plastica
e di questa rigogliosa terra dei morti,
da alti monti circondata,
da vertebrali colline – magistralmente
curate o per trascuratezza inselvatichite –
una ferace pianura ora impoverita
– labirinto d’arterie o grigio
pneumatico polmone –
dove le acque superficiali
irrompono senza più freni
e dalle vene dei fiumi inondano
case, strade, campi..
In lampi di distruzione, enfisemi
contorte lamiere, spezzati legni
le divinità appaiono
in tutta la loro forza primordiale:
grida di suini, ovini, bovini
terrorizzati consumano
l’aria già irrespirabile;
leporidi, trote fario, pollame
al fuoco del sacrificio
s’avviano predestinati.
Pirrocoridi, lepisme, grillotalpa
probabili candidati a salvarsi.
Mostri di cemento abusivo
su isole, coste, pendici di vulcani
abbattuti da irose Idre sputa-fuoco!
Il lavoro non nobilita, condanna:
nuovi Sisifo schiavi del macigno!
Proprio non si capisce come
alberi, bestie e uomini
ancora possano coesistere
in una simile quantità di veleni!
Ecate sotterranea, nottambula
presiede ai cicli inferi;
quelli superi se li giocano
Cronos, cupo divoratore,
il Caso, astuto baro e il Kaos
crapulone dal ghigno beffardo.
Tra battesimi solleciti,
ampollose comunioni,
cresime interminabili
grotteschi matrimoni,
funerali ipocriti, esequie disertate
all’invisibile Ananke
– Destino e Necessità –
alle fatali Moire tessitrici,
ognuno affida i pochi nati.
La Bellezza emerge in repentine
rivelazioni, effimere fioriture:
gemme turgide ancora
vulnerabili alle gelate tardive.
I profumi di provocanti
giovani corpi d’adolescenti
– sguardo alla parvenza
diretto ma fragile, da fata –
mettono a dura prova
l’incallito desiderio degli adulti,
l’astinenza imbastardita
e falsamente imbarazzata.
Il piacere inganna quanto la parola.
(Inedito)
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