Eugenio Montale, Fine del ’68

Ho contemplato dalla luna, o quasi,
il modesto pianeta che contiene
filosofia, teologia, politica,
pornografia, letteratura, scienze
palesi o arcane. Dentro c’è anche l’uomo,
ed io tra questi. E tutto è molto strano.
Tra poche ore sarà notte e l’anno
finirà tra esplosioni di spumanti
e di petardi. Forse di bombe o peggio,
ma non qui dove sto. Se uno muore
non importa a nessuno purché sia
sconosciuto e lontano.

(Da Tutte le poesie, Mondadori 1996)

Francesca Moro, L’inverno è tardo

L’inverno è tardo
come le ultime foglie di dicembre.

Ho portato un respiro nello zaino
e il soffio del ginepro.
Mi siedo in un parco a cercare fra i tigli
le pagine di un racconto (i fratelli
Grimm, se questo caldo non è nebbia alla memoria),
lo leggevi accanto al letto quando
una trapunta arancione era il solo legame con il sonno.
È ancora con me sai? Ma l’ho capovolta,
i segni dei bambini vanno preservati,
eppure ancora è custodia al mio riposo.
Il tuo invece non ha protezione:
stai in attesa del mattino con gli occhi aperti
e la sveglia non ti disturba ma è scusa
alla tua frenesia.

Ho portato la radice del ginepro nello zaino
ma questa terra tra i tigli è magra,
il ricordo non si innesta in questi rami
e questo verde in ritardo è solitario.

È tardi,
il nuovo orario lascia poco spazio a questo sole strozzato.
Forse un giorno sarà sfrontato anche
questo odore di tiglio e di camino.

 

(Inedito)

Massimiliano Chiamenti, La morte

non si presenta donna orrenda e con la falce
ma con sembianze leggiadre
le più belle che puoi desiderare
ti si avvicina soave
come una camera bene arredata dove entrare
ti lasci prendere per mano
e ti conduce con sé nel male nel mare
le luci si spengono ad una ad una
e l’angelo della morte ti porta via
tu devi solo rilassarti
lasciarti dolcemente guidare
annullarti lasciarti fasciare
dal suo dolce sguardo omicida

 

(Da Suicidal Poems, 4 agosto 2011)

Gianpaolo G. Mastropasqua, Ascensore piano Terra

Dove i numeri sono piani e piani
sono mondi, vertigini attendibili
come zeri o silenzi appena nati
da preistoriche innocenze che guardano
senza tregua dai cespugli matematici:
un condominio di zolfo e lavanda
di nomi muriatici e scalinate
di innumerevoli porte girevoli
con mura passeggere e variabili
con passaggi a livello improvvisi
e qualche campanello di nebbia;
le macchine si vestono da uomini
e sfrecciano nella solitudine
dei campi, dove nessuno parla.
Parenti prossimi senza volto
soffiano sulle candele dei compleanni
nel fiato che avanza come un assassino:
entrano ed escono figure di marmo
con l’aria indifferente dei ciechi
e il trucco sbavato delle vedove.

(Da Viaggio Salvatico, Fallone Editore 2018)

Mauro Pierno, Il bello è che le noci nella busta

Il bello è che le noci nella busta aspettano tranquillamente.
Il loro morso è duro solo all’inizio
poi le due metà perfette che in miniatura assemblano un
cervello,
cedono. I pensieri si frantumano tra i gherigli.
Diventano assaporabili, la velocità atterra nella
[masticazione.
Il profumo di un’idea la rende eterna. Il vento violento di
[una intuizione.

 

(Da Compostaggi, Edizioni Progetto Cultura 2020)

Alida Airaghi, l’inverno è freddo

L’inverno è freddo
fuggo il Natale.
Inizio un viaggio
che vorrei eterno
e che so casuale.
Ho il passo incerto
di chi teme l’oggi
più del domani,
o di sentirsi chiedere:
rimani.

 

Er Farco (Poeti der Trullo), Freddo Natale

In questo Natale niente regali.
È ancora in cantina l’albero mio.
Festeggia Gesù. Festeggia il tuo Dio.
Non ho mai creduto in figure spettrali.

Gli scambi dei doni son naturali.
Non mi rimane nessun scintillio.
È freddo l’inverno. Freddo son io.
Avranno pietà di me i temporali?

Il Natale avrà effetti collaterali.
Sento la gente, il suo mormorio.
A baci e carezze sono restio.
Mi aspettano ormai silenzi infernali.

I mali che ho dentro sono leali,
mi fan compagnia con quel logorio.
Cerco la vita e invece un addio
mi dona l’odore dei funerali.

In questo Natale niente regali.
Non ho mai donato l’animo mio.
Non ho mai creduto al figlio di Dio.
Io credo a me stesso, al buio e all’oblio.

(Inedito)

Alfonso Gatto, C’era ai vetri di freddo del Natale

 

C’era ai vetri di freddo del Natale
tra i graffi dei bambini anche il tuo nome.
Io bevevo il caffè, dicevo come
potrò vederla, càpita che il male
paziente all’improvviso m’allontani
nell’ansia dell’averti ove non sei.

Ma sei dovunque l’ora dei cortei
che passano, la festa del domani.

(Da Poesie d’amore, Mondadori 1973)
 

Pauline Maure, Mi mancano le mani

Mi mancano le mani, quelle che ho visto, alla gipsoteca,
Calchi lisci e puliti, placidi e tranquilli di pietre antiche.
Mi manca il tenero abbraccio, la presa estranea sulla mia costola,
Il tocco impresso sul mio torso nudo, schermato dal freddo.
Mi mancano le braccia della madre, la culla della carne che mi tiene il collo.
Mi manca il palmo che prevede, le mani chiromanti del narratore:
Le linee sono lunghe, i segni sono buoni, diceva.
Mi restano le mie due mani, la magra coppia che mi è stata data.
Non riesco a distinguere la mia destra dalla mia sinistra, sembrano sorelle.
Perché ho una sola testa? È tutto quello che avrò?
Mi rimane il contorno del pensiero di un tocco,
Mi rimane l’ombra di un abbraccio su una superficie retroilluminata,
Mi rimane la presa dei pixel, uno sciame di vespe che mi trascina il torso attraverso
la griglia,
Mi rimane il palmo che rispecchia la carne del mio viso,
La copia di un occhio bendato nella mia mano,
Le mie nocche per giocare, dico io.

 

(Da AA. VV., Lonely at the party, a cura di Camilla Mazzocato e Martina Citarella Correa, Adriatico Book Club 2020)

Davide Colletta, Io e gli altri, tu ed io

 

C’è sempre una galassia dentro
In mezzo un divisorio da pensare
Una miopia; e capirti chiaro
(Come sei davvero) è rinunciare
Alla misura del tuo nome, povera
Come la mia; galleggiare in andata
E in ritorno dopo lo schianto –
Pelle contro pelle – di uno scoglio
Ma San Martino del mio mondo
Dimmi che tutti mendichiamo
Scalzi su un selciato, a tutti
Darai la grazia di un mantello
Il perdono di uno straccio
E ovunque andremo, i conti
Dell’incompreso saranno sempre
In questa forma individuale
L’umano destino, l’universo.