Vincenzo Bagnoli, The killing moon

Cieli bianchi di nuvole basse
sempre le stesse del sessantasette
atti di nascita non compilati
l’infinità dello zero l’ovunque

La buia ottusità del giorno pieno
lattiginosa cortina uniforme
mangia la cima di tutte le cose
come il mare d’inverno ingoia la costa
e nei sorrisi nebbiosi ritrovo
il gelo delle stelle di dicembre
cerco un racconto le cose che ho visto
ma niente mi rimane e niente sento

Lune assassine attraversano gli anni
ore calanti in nulla è ormai questa
la vera paura i vuoti alle spalle
non la morena dei duri detriti
qualcosa che dietro lascia la scena
(e visto di sfuggita nello specchio)
le altre parole accanto cancellate
da loro non riavrò le sensazioni

(Da Deep Sky, Edizioni D’If 2007)

Vincenzo Bagnoli, Canzone degli atomi di idrogeno (a million people in one string)

Il cielo si muove troppo in fretta
i danni strutturali strappi e ustioni
consigliano cautela a mezza bocca
sfuggono toni di rassegnazione

Nella risacca della periferia
L’ansia di tutti i palazzi in rovina
E degli spazi vuoti, i relitti
Di una frenetica vita antozoica,
Gli anni spezzati infranti e fracassati
Fra il cemento e parole del video
Compongono orizzonti di dettagli,
Instabile barriera corallina
Che un raggio di sole frantuma
In un funerale di Plancton.
Noi non riusciamo a dirci mai niente,
Restiamo qui sotto ad un cielo infranto
Che non dà segni indicazioni o rotte:
Solo un’opacità densa e fumosa,
Come se respirasse tutto il piombo
Rimosso da parole e da inchiostri.

 

(Da Offscapes, con fotografie di Valeria Reggi, ebook 2010)