Sei veramente più triste di me oggi?
Ieri sera c’era pioggia di foglie
e ho sognato che esistevi ancora.
Ho guardato una foto e ti ho visto vecchio
come avessi cent’anni.
Non la ricordo no, la dolcezza,
masticata e ridicola com’è.
Ho detto solo voglio dormire
prendo due gocce e vado a dormire,
perchè conosco il buio delle palpebre
più del buio della stanza
e mi sento al sicuro,
verranno le onde
ma le onde non sono belle
vanno, vengono e tornano
sono sempre uguali
e buie a volte e
qui non arriva il mare,
non c’è nessuno da cucirmi addosso
nemmeno un insetto a spaventarmi
un treno che stride a chilometri
due gatti che piangono nell’amplesso.
La paura non è tornare.
A una mancanza ne segue sempre un’altra.
Sono questi pensieri meschini e piccoli.
L’immobilità
La campagna e la sua bugia,
il suo silenzio strano.
Arianna la bambina non ha più la tv accesa
le bambole che dicono le cose dei grandi.
La donna non ha più la rabbia,
le febbri alte, i capelli in ciuffi sul parquet.
Gli altri mi vogliono felice.
Allora fingo una malattia
la chiamo fame:
non c’è sazietà se vive in queste stanze
se ancora esige gli avanzi.
Penso alla prima cellula,
l’annegamento prima della nascita
due tagli verticali, una fine mozzafiato,
per poter dire la vostra cura non è servita.
Tanto non si arriva dalle tre al tramonto,
con tutta quella luce rossa che dura mezz’ora.
Due corpi sani che furono segnati,
senza storia e senza mitologia,
lasciano entrare uno straccio di luna.
Toccarsi è contaminazione,
contaminazione un miracolo.
(Inedito)
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