Luca Vaglio, Forse anche tra le persone e nei loro pensieri

Forse anche tra le persone e nei loro pensieri
a volte, o spesso, ci sono e insistono masse
di materia, nodi estremi, informi, e violenti,
gravità cerebrali e ultime di logos buio dove
la luce non passa più e non trova vie di fuga
e dove il tempo è come recluso in se stesso,
oppure fermo dentro cose che non vediamo,
oscure e senza definizione come i buchi neri.

(Da Cosmologie, Marco Saya Edizioni 2022)

Serena Mansueto, La fretta del dolore svuota le voci

La fretta del dolore svuota le voci, riga il cielo
la rondine, la suoneria. La città livida è un otre
chiamami con il nome dell’aria baciata
dai respiri dalla pioggia di luce sul bucato
di quello che si consuma sulle mani.
Apro gli armadi come tulipani, sulle valigie
colano le maree stanche, dentro le parole
nascondo le crepe, un rimorso spento.
Piego gli indumenti e nell’orchestra della sera
qualcosa ancora si attacca alla mia costola:
la tua presenza. Il rampino dolce dei miei giorni.

(Da I cieli della preistoria – Antologia della nuovissima poesia pugliese, AA.VV., Marco Saya Edizioni 2022)

Francesco Gallina, La terapia intensiva

sotto la tonda plastica dei caschi
a ventilazione non invasiva
simile con simile qui è sepolto
inclinando oltre la parabola del mondo

raddrizzata sulla carreggiata l’anima
l’angelo intubatore, l’idraulico
celeste sotto lo scafandro, sillaba
alle valvole parole d’amore

la turbolenza dei flussi d’aria
è il soundtrack che tiene in vita chi da vita
sfugge

(Da Medicinalia, Marco Saya Edizioni 2022)

Francesca Gironi, Luglio

Che tu ti rivolga a me come ci si rivolge a una persona, chiedendo ad esempio
se sono arrivata, se sono riuscita ad arrivare, riuscita / arrivata
mi fa pensare che tu abbia compreso il mio genere
diverso dal tuo, e mi domando se tu ne comprenda i desideri
se tu mi abbia rivolto la domanda per gentilezza
oppure intuìto che oltre il confine dell’immagine del profilo
oltre le grazie dei caratteri tipografici, oltre il sì, ci sia un io
da questa parte della tastiera, protesa, con mani che sanno digitare a occhi
[chiusi
per via di antichi studi di dattilografia. E oltre le mani, braccia
che saprebbero sollevarmi da terra appesa a una corda. Sul collo
una vertebra esposta e una testa che esplode, per via di vasi sanguigni
che si dilatano a dismisura. Che io percepisca il tuo vedermi
come un fatto eccezionale, assolutamente degno di nota
che la tua domanda mi raggiunga come una carezza
di una persona al mondo quasi conosciuta
e per motivi misteriosi che riguardano la sfera degli occhi – del riconoscersi
[attraverso le nostre cavità oculari come fosse ancora valida la legge dello specchioanima – riconosciuta.
Che dunque il tuo domandare mi comprenda oltre la foto, oltre il carattere, fino a un corpo presente
in cui finiscono mutamenti esercizi disciplina solitudini
e implichi che la mia mano abbia ripreso a raggiungere l’altro lato del letto
aperta, in utopica attesa. Il tuo domandare se il corpo sia arrivato, se io sia
[riuscita
(sulle gambe o su un treno) mi fa osare pensare di essere vista
da qualcuno sulla terra. Oltre la foto, le grazie, il corpo, il miracolo:
Riuscita / arrivata.

(Da Il diretto interessato, Marco Saya Edizioni 2021)

Francesca Gironi, La mia persona cara

La mia persona cara
ha imparato a scavare una buca
è una donna con la vanga.

Si aggira di notte in cerca di un terreno su cui fare breccia
la riconosco appena, è un’ex bambina
alta, nata oltre il termine
di decenni oppure rinata per avverarsi
seppellisce un cappello e due voci in dolby
o me o loro, tagliatele la testa.

La mia persona cara a pensarci bene
sembra una strega
a ogni passo misura l’impatto della vanga
quanta forza ci vorrà
per bucare il mondo.

(Da Il diretto interessato, Marco Saya Edizioni 2021)

Maria Grazia Galatà, ambrata è quella vita sepolta

ambrata è quella vita sepolta
oltre il muro dell’innocenza
scandita nei secondi dei secoli

taci o brivido
all’acuirsi del sonno
retto appena nel nudo silenzio

luce che penetri l’abisso
trepida
questa vita sospesa

(Da Quintessenza, Marco Saya Edizioni 2018)

Paolo Ferrari, Schizofrenia

Fuoco sul niente, atterrita
aggiusta/consuma diritto e rovescio
la terra sconsolata. Uno/unico, stordita due volte
sulla mimica del volto.
La devastazione, afflitta lei sola nell’allungato
ovale
del volto, si è ritirata: ha ripetuto
due, tre volte
la frigidità del niente, di fatto caduco
simile
al suo eccesso: si ripete, rimanda
al corpo intravvisto e
negato, sospeso dagli
esseri che l’hanno visitato.
Lo tradiscono
nel dare vita entro quel segno del morto/muro
storpiato e rigurgitato
dove se stessa già a sé è mancata, infelice.
Sul limitare insopportabile,
è perverso lo squarcio
che ci contiene, ma non ci trattiene.

(Da I sentimenti gloriosi, Marco Saya Edizioni 2018)

Paolo Ferrari, Una lezione di storia

“Mi accorgo di me… Non mi occupo di niente.”
Non so spiegare… il compito che sazia
le meningi,
l’incipit mi affida alla totalità non-vista,
ignuda la proprietà:
me ne accontento cogliendone il misurato
vettore
che mi trasporta d’improvviso sul tetto-terrazza, veicolo
di trasferimenti sorti sopra la teca del cranio.
Mi metto a disposizione: quel sentire d’asperità
ha già scelto di saltare
la mia concezione della storia,
unicamente fatta di microscopici
traumi d’assaggiare,
e non ingoiare.
Ciò intuisco e li vedo sorgere
emergenti a brevi scosse
dai suoi occhi spenti
non ancora cerchiati
sotto le palpebre vibratili.

(Da I sentimenti gloriosi, Marco Saya Edizioni 2018)

Maria Grazia Galatà, Negli inverni di notti violate

negli inverni di notti violate
da mille solitudini
mi fanno già male gli anni che
non avrò partendo da un informe
giaciglio giacendo inadatta
tale è là
frequenza di immagini
sovrapposte e
lunga è la mano che poggia
l’attimo nel tempio dei miracoli
quando tutto sembra perfetto

(Da Quintessenza, Marco Saya Edizioni 2018)

Gabriele Galloni, Arrivasti alla storia della Luna

Arrivasti alla storia della Luna:
di come capitò che la scoprissi
nella sua casa una notte di eclissi;
nella sua casa dove mai a nessuna
viva persona era dato di accedere.
La descrivesti nuda, la tua Luna;
la descrivesti coperta di cenere
dal capo ai piedi; Luna che più Venere
sembrava e penitente. Non avresti
potuto dirmi certa la paura;
né sotto i piedi l’umido e le tenere
felci; solo che ai giorni del Miracolo
è bello correre, andarsene via
da ogni luce che sia
troppo grande per queste nostre mani.

(Da L’estate del mondo, Marco Saya Edizioni 2019)