Luigi De Rosa, Un ragno ha preso possesso dell’ascensore

Un ragno ha preso possesso dell’ascensore;
sospeso all’acuminato angolo d’alluminio
con sospettoso ottuplo occhio sorveglia
ogni corpo che scende ogni corpo che sale,
inceppato nell’intreccio serico della tela
inferisce giudizi ferisce con dubbi
il sensibile orecchio condominiale.
Il ragno ha preso possesso dell’ascensore;
l’ignota origine non impedisce la confidenza
(il netturbino del terzo piano lo nutre persino
sospirando con fiale di ansie in mano, e suda,
incanalato compresso sotteso alle zampe filanti
inumidite da ciò che di lui evapora)
c’è chi ne ha fatto persino un culto, un vanto,
e sono state dimenticati i biglietti da visita
della disinfestazione, le notti insonni passate
con le dita stoppate a pochi passi dal telefono in pianto.
Il ragno ha preso possesso dell’ascensore
non si sa più da quanto tempo da quanti anni
forse è sempre stato lì, appeso fastidio umidiccio
che un po’ su un po’ giù solletica le vecchie nuche stanche:
sono momenti di cuori che fibrillano dubbi,
di maestosi castelli di vetro paranoico dove
di colpo ogni movenza è ragno, ogni pensiero è ragno,
l’azione l’energia la ragione il campo percettivo è ottuplicato
ma la trappola è chiusa l’ascensore si è fermato.

(Inedito)

Luigi De Rosa, Dita

Una ragazza tranquilla,
sopra lo schermo il nome dell’operatore
sotto lo schermo le dita senza smalto,
ogni pagina aperta una via che porta altrove,
lontano
una ragazza tranquilla
muove passi eccitati usando le dita senza smalto che scorrono,
e lontano c’è casa
(sì, casa, una via deve sempre portare verso casa
dove ci sono colonne bianche di sole
e ammassi di voci troppo familiari che si arrampicano ovunque)
immagine fotografica irraggiungibile
senza il nome dell’operatore,
contratto scelto con accortezza,
le lunghe ricerche su internet passate a contare,
si tratta di una ragazza tranquilla agitata
dalle pagine che scorre verso destra:
e più le vie portano lontano più le dita tremano
e l’operatore non basta alla ragazza tranquilla
per comunicare che su quelle dita non c’è smalto
perché tremano troppo.

(Inedito)

Luigi De Rosa, E dal momento che sei me

E dal momento che sei me, sono anche il tuo corpo.
Stiamo insieme nel tuo corpo come fosse un tempio
mentre ti osservi insieme a me.
Non comprendo il tuo imbarazzo,
non comprendo il tuo cercare
di tenere insieme i pezzi che crollano,
ogni singolo pezzo che tenta di
allontanarsi,
perché ogni crepa mi sembra al posto giusto,
perché le tue crepe sono le mie crepe,
perché se la tua forma non la senti tua può diventare mia per un po’,
e se ti tocchi le guance io sento le tue dita sulle mie guance,
e le mie dita sulle tue.

(Inedito)