Quell’uomo che cammina rasentando gli scaffali dell’ipermercato senza vedere chi, vicino e attorno a lui, vive gli stessi attimi, posso essere io: un venerdì sera d’inverno, col freddo fuori, la lista della spesa dentro un messaggio telegrafico nella memoria del telefono cellulare. E la fame di un lavoro fuori orario. Quell’uomo, nella frazione di tempo che lo separa dal prossimo atto compiuto per afferrare una confezione, potrebbe comprendere il significato delle distanze, le nude meccaniche di una solitudine. Un livello più profondo del dolore. È un attimo, però, che non coglie nel presente, circondato dalle luci e dai colori – oro, azzurro, toni solari – che emana il banco frigo, nel corridoio. L’occasione di quell’istante più denso, che forse a posteriori tornerà nella sua coscienza come il segno di un destino possibile, svanisce, perché quello che solleva e prende tutta la sua anima sono le forze del desiderio, percepito ad una quota superiore di possibilità. È questo che, subito dopo e ogni volta, genera in lui la privacy, le convenzioni urbane, una mente che si sposta da un’immagine all’altra, i dinieghi.
(Da Il grande innocente, Nino Aragno Editore 2017)
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