La mia maestra è un’albera
e il suo nido
un pane che lievita
un fuoco nell’aria.
È una fontana di luci sottili
con la pelle secca e i nodi alle mani
piene di strigoli
raccolti al gran posto,
il più segreto del boscovecchio.
È un fazzoletto, la mia maestra,
con un elicriso appena accennato-
che risalendo per gli alberi canta
al ramo potato di un nuovo fiore;
ma quando s’inchina davanti alle fragole
allarga il silenzio con piccoli gesti
fino a sentire il loro respiro.
La mia maestra nel viso è un bambino,
che chiede alla mostra di un Caravaggio
per farne dono all’unica figlia-
e te lo dice con le ossa cave
schermendosi dietro alla brezza sottile
che ha solo un sorriso quando magenta.
La mia maestra ha due gocce azzurre
prima degli occhi, e come un miracolo
sono discese dai pettazzurri,
con le mani di rondine,
sopra il capanno.
(Inedito)