Davide Castiglione, C’è un passare di gente

C’è un passare di gente,
di visi in vetrina e sotto i portici
l’arco più basso delle labbra.

Non è l’inverno ad abbottonarla,
mi convinco, se i cappotti
stringono i gesti a farli simili
a un viale senza deviazioni;

sarà la paura di urtarsi
pari al desiderio di urtarsi,
sui marciapiedi un vestirsi a sorriso
che più eccede e più lascia

nudi: così, per non sentirci
assenza o incrocio mancato,
gente a passarsi in mezzo,
in vetrina, a passare, a non conoscersi.

(Da Per ogni frazione, Campanotto 2010)

Davide Castiglione, Ape

Sul battiscopa la sua mite industria
le rimane aliena. Parlo di cose più grandi
di noi, di un’ape che si arrampica,
malamente – ti suono lontano, al telefono, e quella pena
in salita, che non potrà salvarsi
dai ricami sull’esistenza e i merletti accaniti
si stacca; è un corpo
per terra; tòrto; terminale.
Capiterà di pestarlo; passare
l’aspirapolvere la spugna e via.
Avrò strisciato un ciao in minore
e chiuso, avrò passato l’aspirapolvere, e via,
l’acino scheletrito ascende e va alle stelle
la fiducia alla tele, l’annuncio
che la stagione si apre in grande
e macché cadere lei dolcemente scendeva
dal pendio domestico, che l’inverno è anche questo.

 

(Da Non di fortuna, Italic 2016)

Davide Castiglione, Devo a un lunapark congelato

Devo a un lunapark congelato
qualche gettone d’antecrisi
quando era la vacanza non io a condurmi
e la pesca dei cigni sortiva
marchingegni chiassosi e luminescenti.
Devo sempre qualcosa, Excel aiutami
col tuo retino casellario per quanto risibile.
Ultimato l’inventario un po’ malcerti sul podio
stanno l’urgenza e il fiatone
sul versante dei trenta, il ritorno all’accetta
che deve sfrondare ovatta su ovatta
sventrare il peluche
vinto fuori tempo massimo.

 

(Da Non di fortuna, Italic 2016)