Gian Mario Villalta, Sera

La luce si alza verso il cielo sopra le luci
e il buio dolce degli edifici
abbraccia a lungo lo sguardo.
La luce si alza con un respiro
e promette a tutti un segreto, quiete profonda, pianto.
Passano una sull’altra
facce nelle auto che incroci,
le guardi, a cosa appartieni questa sera, a chi parli?
La lingua perduta degli stormi
che alti si adunano nella luce.
La lingua dei perduti per una parola non detta,
per una parola distorta pervenuta all’orecchio.
Per una volta non sia la ragione o la colpa,
chiama tu, pronuncia le parole che più non hai detto.
Non c’è vergogna se trovi nel cielo di questa sera
fiducia in qualcosa che non conosci,
e non la vita che si sogna,
ma qualcosa di tuo nella vita che vedi.
Adesso componi il numero, adesso chiedi.

 

(Da Vanità della mente, Modadori 2011)

Gian Mario Villalta, Si diceva che una festa era stare così

Si diceva che una festa era stare così,
con le braccia vicine, tutto il mangiare nei piatti,
il buio degli alberi, l’estate piena dei suoi rumori.
“Possiamo farlo ogni volta…”
Dalle parole sapore e parole dai sapori.
Le nuove serate insieme a tavola,
i progetti, le date… ci apparivamo migliori,
gli amici e noi, per prova
nel ricordo del dopo… una prossima volta
in questa prima accadeva, pensata, e pareva ripetersi
come non sarebbe più stata.

 

(Da Vanità della menteMondadori 2011)