Lascio ai poeti celebrati
i gelsomini notturni e le coccole aulenti,
io, per me, non scrivo poesie
per decantare i bei momenti,
per separare l’agio dagli stenti,
per lasciare sul fondo i sedimenti,
detriti di una tormentosa vita;
non è mia l’irriverente morbidezza
di un Bellezza
e neanche l’ironica sagacia
di uno Zeichen:
poeti per palati colti e raffinati.
Loro li puoi trovare in antologie curate,
perfino nei manuali di scuola,
relegati tra le parti non studiate,
o negli scaffali di librai specializzati
seguiti da pochi lettori appassionati.
Io, per me, non aspiro a tanto,
punto a una poesia prosaica,
che piaccia anche al mio idraulico
che mentre stringa un tubo riluttante
senta che il mio verso gli appartenga,
che gli dica del sudore della fronte,
nella speranza che la guarnizione tenga.
Tengo a una poesia che canti di tram pieni di
gente
che colga, in fondo, il senso della vita,
negli sguardi assenti.
(Da Versetti satirici, I quaderni del Battello Ebbro 2019)