Marco Esposito, Tundre spoglie

Tundre spoglie, ghiacci precipitati
nel lividore di viscere che furono
grandi madri imperscrutabili
fino a perdere lattea innocenza.

Aiutami – geme ancora l’alce e sgrana
un passo atterrito su asfalto battente
ed io fuoco io fucile a pompa
io idrocarburo e millesima bocca
di quell’idra lo vedo scarnirsi.

(Inedito)

Marco Esposito, Ci buttavano nei cortili

Ci buttavano nei cortili
infilati a magliette e calzoncini
male assortiti – disegni di frutti
illividivano i ginocchi e la tua bellezza
nudità dei teatri, pallore delle occasioni
mancate sulle labbra senza il canto.

I cipressi popolano i cimiteri
perché le loro radici normali
al terreno non disturbano l’ospite
e in vita vogliamo la stessa
solitaria affermazione. Formali
nella ragione che si dà agli stolti.

Quando recitavi eri fulgida
ti facevi gioco dell’illuminotecnica
la sedia e lo strumento facevano
di me un malinconico centauro.

(Inedito)

Marco Esposito, Un getto liquido di ferro

Un getto liquido di ferro
sotto il manto terroso,
vita che ribolle negli alvei
di un magnetismo confuso.

La sfera – che non è sfera –
più deforme e persa
nel ghiaccio disfatto
ed io come orso bianco
che si mastica le zampe
nell’oblio sempre più vasto.

Ogni milione di anni
la Terra capovolge la sua presa
sul mondo:
un guardarsi da sotto le gambe.

Tutto potrebbe scottare
come brucia il mio dubbio,
il dirsi spietato che siamo
aliti di vento tra due parentesi.

(Da Prima di spegnersi, Eretica Edizioni 2020]