Alessio Barettini, Vicenda

Cercavo di esser testimone
della mia vita che decide di mutarsi
e allo stesso tempo
essere testimone di me.
Accadeva spesso, il desiderio,
e nel timore che adempierlo spegnesse quell’incanto,
quell’attimo immobile,
creavo simulacri infinitesimi
nei posti impervi dei miei giorni
aspettando che la luce, il tempo o i contorni
dell’amore ne disperdessero le tracce.
Così affronto le mie colpe: attendo il resoconto,
ripetendo mille volte la lezione.

(Inedito)

Alessio Barettini, Ci amavamo strenuamente con il dolore della totalità

Ci amavamo strenuamente con il dolore della totalità,
rubandoci le vie di mezzo e le incompletezze necessarie,
la dolcezza dei ¾ e dei 4/5 che altrimenti non ci saremmo mai concessi.
E guardavo nel buco di noi
aspettando sempre per vederti arrivare
ma tu poi là no, non eri, non eri me, non eri per me,
e io vivevo di attese illusorie
che sempre riportavano a te
che tornavo, sempre, io, così.
Ma ero anche
inesorabilmente
solo
e senza parole
solo
perché senza parole

Alessio Barettini, A David Bowie – Il Miracolo di Brixton

1

C’era l’incoscienza fra quelle dita curiose,
e la voglia bicrome che correva più veloce del tempo.
E fosti cambiamento,
volando da nuvole mistiche,
da cui scorgesti Marte.
E fosti arte,
e le stelle che ti mandarono qui.
Celebravi avanzando.
E fosti qualcuno, ma nessuno ti teneva la mano
quando tu lo gridasti a noi che non sentivamo.
Era semplice musica divina e siderale,
e non sapevamo guardare
mentre morivi.
E fosti tu assassino, tu lama, tu motivo e tu testamento.

2

Fu quando eri perso che volevano cercarti,
ma non sapeva nessuno che chi è perso non può essere cercato,
neanche se travestito,
da alieno impacciato,
da serpente dell’Eden,
da bacio rubato.

Fosti persino distopia di te stesso,
fosti lacrime d’anima e rose appassite,
prima di rinascere altrove,
prima di morire di banale.

3

Fosti città perché eri già stato tutto dell’uomo,
fosti Europa che non si accontenta,
fosti musica che si sorprende guardarsi.

Gli amici ti donarono l’aura terrestre che non avevi avuto,
e l’hai indossata per crescere, come qualunque altro costume.

Fosti eroe delle epoche
per sempre forte, battagliero,
lontano dal passato mostruoso.
E qualcosa lontano chiamava, come voce antica,
come fuoco mai spento dove signoreggia la vita.

4

Fosti rapito da anni di plastica
quando speravi di resuscitare il ragno?
Quando cercavi di imprimere un altro sigillo, chi eri?
Forse, umanamente come non mai, volevi
deludere chi ti aspettava ancora più grande.

Tu arrivasti al più grande, ma la misura maggiore non fu la migliore.
Che importa se sapevi? Che importa che volevi?
Che importava non fare luce quando tutto dormiva?
Così passasti, in un momento che non fu l’ultimo,
prima di lasciarti portare a casa per sempre, almeno una volta.

5

Dentro le linee del destino di un uomo
ci sono dei punti che si ripetono, talora o talaltra.

Si creano ritorni inattesi,
sono significati profondi e latenti,
spesso trasudano parole che non sappiamo afferrare.

Così, senza più nulla da dimostrare,
l’uomo cammina sapendo di avere ancora poche ombre di fianco,
a cui dedicare la sua attenzione.
Poi c’è il mestiere, c’è il volo, c’è la paura che è solo un riflesso.

Così nascevano le parole nell’acqua che attende, l’apparente immobilità.
Così volava ancora alto il tuo nome, che ormai era il nome di tutti.
Così passavano le ore, ammantate di sacra quotidianità,
dense di realtà terrestre
ma erano solo i tuoi occhi
che preparavano la fine.

6

Morivi, pur essendo immortale morivi.
Pur essendo infinito finivi.
Proiettato verso un domani che non ci guardava più,
scomparisti e riapparisti, un’eclisse.
Il cielo ora ti tiene in catene,
in attesa di un altro maggiore che parta per riportarti fra noi

(Inedito)

 

 

Alessio Barettini, Novembre

Novembre è l’imponenza del tempo,
La preponderanza di oblio e di sonno,
La certezza di un’effimera conciliazione,
La fuga in se stessa, il movimento.

Novembre è l’inconscio dell’anno,
l’inevitabile plumbeo che si libera per autocombustione
e parla per simboli
suggerendo bagliori in anticipo,
invisibili agli occhi,
esplosivi del cuore
detonatori di libertà rivelate,
attrito che freme e sconvolge e pure sorride.

 

(Inedito)

Alessio Barettini, Dicembre

Dicembre accorcia gli orizzonti.
Non lascia dubbi, non vanifica, non nasconde.
Nasce una fine inattesa,
un perfetto equilibrio che ha ingannato ogni programma, ha dato speranza nel buio, ha espresso pura emozione di tempo.

Dicembre stralcia i margini inutili e pomposi della storia.
Dicembre ha parlato, chiudendo le bocche e le voci che avevano creduto di sapere.
Ora viene il silenzio, e ha luci bellissime.

 

(Inedito)

Alessio Barettini, Settembre

Trascorre ancora l’estate,
e cigolano gli errori di tutti gli uomini.
Settembre è l’odore del tempo che gira le spalle
Il mio braccio teso ad afferrare la resa,
la speranza di un cieco riso di ghiaia,
i resti del fuoco di Prometeo
che senza guardare in faccia il tempo, ci lascia
dentro un mare di incertezza e di stralci.

Ogni anno dimentichiamo le regole
e ripetiamo
sperando di ingannare i nostri dubbi nascosti in profonde cavità invisibili ai più
che nulla ricominci,
che tutto cambi,
che il tempo si fermi,
che qualcuno ritorni.

E invece no, ti dico,
l’assenza è la nostra condizione,
la mancanza il nostro desiderio,
la diversità il tempo per creare.

Lo ripetevi, ascoltando
il vociare dei bambini all’uscita dalla scuola,
i giornali riprendere i discorsi consueti,
il sole farsi ogni giorno meno caldo.

Volevi essere Jekyll, e hai perso anche Hyde,
hai cercato il tuo Frankestein dimenticando il tuo corpo.
E alle spalle quel tempo dilatato, adesso,
non è che un ridicolo gonfiabile ormai sciapo,
una pozzetta d’acqua piena di mosche,
l’aria che si finge estate,
ma è già portatrice di morte.

Lo specchio contorto di quel che è già stato,
quel che si arrende, ora e per sempre,
danza di serpente che intorbida il senso, e non lascia scampo.

 

(Inedito)

Alessio Barettini, Tutto normale

Tutto normale, non sai?
Tutto normale la sera che guarda e che vuole cantare
Tutto normale l’assenza, la polvere, il tempo che geme appena oltre lo sguardo,
il silenzio.
Normale l’oblio, la morte, le fotografie che ingialliscono,
la frutta che marcisce
le pagine che dimentico,
l’ansia, l’ironia, sono normali,
cadere, rialzarsi,
pensare e guardarsi
aprire le ali.

I girasoli
che sanno
I fiori
che profumano
le api
che ronzano
sono normali.

Dell’esito di quella mia domanda non ho avuto notizie.
Peccato, del resto era l’alba, e la sera è lontana.

 

(Inedito)

Alessio Barettini, Agosto

Agosto, al mare,
È l’odore forte degli aghi di pino
Il vociare dei bimbi e dei giochi la sera.
È lo scontro dei pensieri
con un buio sapere che sogna, e che spera.
Chilometri di costa che raccontano
la stessa storia, la stessa tiritera.
Ancora.
Cani, gelati, famiglie ammaliate,
amori di stelle lontane,
e bimbi in festa sulla spiaggia.
Tutto sembra un’aurora eterna.
L’incertezza di domani attende la sua fine
qui, al mare di agosto,
dove nel mio cuore e nel grande albergo
non c’è più posto,
al mare
ad agosto.
Se mi guardo non vedo che un mare profondo
distante
brillante di lacrime scure.
Dove risiede quel sole
che occupava questi occhi
tanti tanti anni fa,
ben prima di questo,
ben prima di adesso,
ben prima di questo agosto
di mare incurante
indifferente
persino ignorante?
Mi arrendo all’eterno.
È un salto che chiama
che non ho mai saputo fare
che adesso guardo e che mi vede e
che senza difese
mi accade.
Io vivo e lo vivo,
gli accado.
Gli accado osservando
che il tempo,
lo scempio del senso,
la sua distorsione,
affoga di colpa
e di un gusto imperfetto.
É l’alba. Tutto tace e accondiscende.
Tutto dorme
e non si accende
quel sogno di ieri.
Il gioco languido di agosto
a quest’ora sembra perso nei misteri.
Ma non è che la stessa assenza,
la stessa giravolta,
che all’alba ci guarda
ci osserva,
ci vede e ci prosegue.
Si protende nel domani,
si nasconde
in un fruscio di lenzuola
nel fragore di un treno lontano,
in un vagito:
è l’ombra di un suono lontano,
che ricopre tutto di attesa.

 

(Inedito)