1
C’era l’incoscienza fra quelle dita curiose,
e la voglia bicrome che correva più veloce del tempo.
E fosti cambiamento,
volando da nuvole mistiche,
da cui scorgesti Marte.
E fosti arte,
e le stelle che ti mandarono qui.
Celebravi avanzando.
E fosti qualcuno, ma nessuno ti teneva la mano
quando tu lo gridasti a noi che non sentivamo.
Era semplice musica divina e siderale,
e non sapevamo guardare
mentre morivi.
E fosti tu assassino, tu lama, tu motivo e tu testamento.
2
Fu quando eri perso che volevano cercarti,
ma non sapeva nessuno che chi è perso non può essere cercato,
neanche se travestito,
da alieno impacciato,
da serpente dell’Eden,
da bacio rubato.
Fosti persino distopia di te stesso,
fosti lacrime d’anima e rose appassite,
prima di rinascere altrove,
prima di morire di banale.
3
Fosti città perché eri già stato tutto dell’uomo,
fosti Europa che non si accontenta,
fosti musica che si sorprende guardarsi.
Gli amici ti donarono l’aura terrestre che non avevi avuto,
e l’hai indossata per crescere, come qualunque altro costume.
Fosti eroe delle epoche
per sempre forte, battagliero,
lontano dal passato mostruoso.
E qualcosa lontano chiamava, come voce antica,
come fuoco mai spento dove signoreggia la vita.
4
Fosti rapito da anni di plastica
quando speravi di resuscitare il ragno?
Quando cercavi di imprimere un altro sigillo, chi eri?
Forse, umanamente come non mai, volevi
deludere chi ti aspettava ancora più grande.
Tu arrivasti al più grande, ma la misura maggiore non fu la migliore.
Che importa se sapevi? Che importa che volevi?
Che importava non fare luce quando tutto dormiva?
Così passasti, in un momento che non fu l’ultimo,
prima di lasciarti portare a casa per sempre, almeno una volta.
5
Dentro le linee del destino di un uomo
ci sono dei punti che si ripetono, talora o talaltra.
Si creano ritorni inattesi,
sono significati profondi e latenti,
spesso trasudano parole che non sappiamo afferrare.
Così, senza più nulla da dimostrare,
l’uomo cammina sapendo di avere ancora poche ombre di fianco,
a cui dedicare la sua attenzione.
Poi c’è il mestiere, c’è il volo, c’è la paura che è solo un riflesso.
Così nascevano le parole nell’acqua che attende, l’apparente immobilità.
Così volava ancora alto il tuo nome, che ormai era il nome di tutti.
Così passavano le ore, ammantate di sacra quotidianità,
dense di realtà terrestre
ma erano solo i tuoi occhi
che preparavano la fine.
6
Morivi, pur essendo immortale morivi.
Pur essendo infinito finivi.
Proiettato verso un domani che non ci guardava più,
scomparisti e riapparisti, un’eclisse.
Il cielo ora ti tiene in catene,
in attesa di un altro maggiore che parta per riportarti fra noi
(Inedito)
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