Jorge Luis Borges, Fine d’anno

Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e ci obbligano ad attendere
i dodici e irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito,
perduri qualcosa in noi:
immobile.

(Da Fervore di Buenos Aires (1923), in Opere, vol. I, a cura di Domenico Porzio, Mondadori 1985)

Maria Allo, Non si può fermare il vento

Non si può fermare il vento
solo cogliere i suoi presagi
dietro il peso lieve di una nube.
Ti parlo da tempi sconosciuti
senza sapere come mi attraversa
l’ombra, mentre un fascio di raggi
si inerpica confuso per sentieri impervi.
Ho seminato impronte
dietro cardini sconnessi nei fondali
ora fluttuano in una voragine
mentre l’ombra dilata il mio chiarore .
Ecco . Scrivi mentre cadi.
Firma la tua voce a tutto silenzio
anche se la parola manca.

Da La terra che rimane, Controluna Edizioni 2018)

Sara Ventroni, Gli arti hanno movimenti lenti

Gli arti hanno movimenti lenti: moto di meccanica, il cranio
è un contenitore anomalo: non ha colore primario, disperde
il suo sale nell’ambiente, il suo seme:

Senza peso raschiano la ruggine:
i corpi riportano l’osso
al colore rosso. L’oro non ossida, il bianco non esiste,
l’umano è innaturale:
rarefatto adatto al ferro (l’oro è ancora troppo
raro):
e l’acqua e l’aria fanno un lavoro
sporco:
sottoposto al tempo il Gasometro
non ha senso non ha verso non è spazio.
Non tiene la materia,
la espelle verso l’alto.
Il corpo rarefatto liscio in ferro non ha moto
non ha verbo.
Uno scopo è uno scopo ed è vuoto.

La testa si sposta verso l’alto. La storia va e non va, non c’è
storia nel Gasometro.

Ma torna spesso il cranio
all’età del ferro.

 

(Da Nel Gasometro, Le Lettere 2006)

Leonardo Caffo, Solo da soli

Solo,
da fuori mi guardo:
e sono due.
Uno, guarda;
L’altro, guardato;
Solo,
non sono più.

 

(Da Il surrealismo in filosofia: verso un’inutile poesia?, GoWare Edizioni 2015)

Francesca Del Moro, Matrix 2100

Il dispositivo è dentro di te e ti sta sognando.
Le pupille saettano comandi a ripetizione
e ti illudi di muovere l’escrescenza vermiforme
del tronco la vedi carezzare il caro volto
echeggiano applausi nel cranio sei bravo
lucciolette si accendono e spengono tutto intorno
sei bravo i sacchi lacrimali ti si commuovono
in scaglie di pianto ti fioriscono le guance irruvidite
color del metallo provi ancora l’amore è per quello
che vivi per quello che ti trema il corpo affusolato
h 24 confitto h 24 alimentato h 24 riscaldante
senza bisogno di alcuna fatica senza sofferenza
alcuna il corpo finalmente comodo comodo
il dispositivo in te perpetuamente fibrillante.

 

(Inedito)

Laura Puglia, Sul mare disabitato

Sul mare disabitato la treccia
serrata della cariatide
persiste nel suo leggero
gioco d’aria. Donna nata
per il peso del tempio
del cielo e dell’orizzonte
col segno della sottomissione
ben visibile là dove la voce
nasce e si spegne
a fatica hai alzato lo sguardo
oltre la mano dello scultore
che feriva la tua gola
per crearti e torturarti
con lima e scalpello.
Donna immobile
dal peplo composto
e gli occhi abbassati
tu continui
a raccontare nel tempo
la tua storia di silenzio rappreso.

 

(Da Il Labirinto, Diabasis Edizioni 2017)

Claudia Muscolino, I Frammento

Guardo le foto
abbandonate sul divano, la corazza
scintillante ora
inutile
sul letto.
Ricordo che sei uscito, la porta
ancora aperta
dietro di te.
I miei capelli rimasti appesi
come ragni ai tuoi
vestiti nuovi.

 

(Da Carichi Dispersi, Edizioni Del Poggio 2017)

John Ashbery, Collective Dawns

Collective Dawns

You can have whatever you want.
Own it, I mean. In the sense
Of twisting it to you, through long, spiralling afternoons.
It has a sense beyond that meaning that was dropped there
And left to rot. The glacier seems

Impervious but is all shot through
With amethyst and the loud, distraught notes of the cuckoo.
They say the town is coming apart.
And people go around with a fragment of a smile
Missing from their faces. Life is getting cheaper

In some senses. Over the tops of old hills
The sunset jabs down, angled in a way it couldn’t have
Been before. The bird-sellers walk back into it.
“We needn’t fire their kilns; tonight is the epic
Night of the world. Grettir is coming back to us.
His severed hand has grabbed the short sword
and jumped back onto his wrist. The whole man is waking up.
The island is becoming a sun. Wait by this
Mistletoe bush and you will get the feeling of really
Being out of the world and with it. The sun
Is now an inlet of freshness whose very nature
Causes it to dry up.” The old poems
In the book have changed value once again. Their black letter
Fools only themselves into ignoring their stiff, formal qualities, and they move
Insatiably out of reach of bathos and the bad line
Into a weird ether of forgotten dismemberments. Was it
This rosebud? Who said that?

The time of all forgotten
Things is at hand.
Therefore I write you
This bread and butter letter, you my friend
Who saved me from the mill pond of chill doubt
As to my own visibility, and from the proud village
Of bourgeois comfort and despair, the mirrored spectacles of grief.
Let who can take courage from the dawn’s
Coming up with the same idiot solution under another guise
So that all meanings should be scrambled this way
No matter how important they were to the men
Coming in the future, since this is the way it has to happen
For all things under the shrinking light to change
And the pattern to follow them, unheeded, bargained for
As it too is absorbed. But the guesswork
Has been taken out of millions of nights. The gasworks
Know it and fall to the ground, though no doom
Says it through the long cool hours of rest
While it sleeps as it can, as in fact it must, for the man to find himself.

*

Albe Collettive

Puoi avere tutto quello che vuoi.
Possederlo, dico. Nel senso
di piegarlo a te, nei lunghi pomeriggi elicoidali.
Ha un senso al di là di quel significato che è stato lasciato cadere laggiù
e lasciato a marcire. Il ghiacciaio sembra

impervio ma è completamente venato
d’ametista e dalle note forti e angosciate del cuculo.
Dicono che la città sta andando in frantumi.
E la gente va in giro con un frammento di sorriso
che gli manca dalla faccia. La vita è più a buon mercato

per certi versi. Oltre i crinali di colline antiche
il tramonto sferra un fendente obliquo in modo
inusitato. I mercanti di uccelli vi tornano dentro al passo.
“Non c’è bisogno di accendere le loro fornaci; questa è l’epica
notte del mondo. Grettir sta tornando da noi.
La sua mano mozzata ha afferrato la daga
e di colpo s’è riattaccata al polso. L’uomo intero si sta svegliando.
L’isola sta diventando un sole. Aspetta vicino a questo
cespuglio di vischio e proverai la sensazione di essere davvero
fuori dal mondo e insieme a esso. Il sole
adesso è un’insenatura di freschezza la cui natura
lo porta a essiccarsi”. Le antiche poesie
nel libro hanno di nuovo cambiato valore. La loro lettera nera
inganna solo loro stesse spingendole a ignorare le loro proprietà, formali, inamidate,
e così si portano insaziabilmente fuori dalla portata della pateticità e del brutto verso
in un arcano etere di squartamenti dimenticati. Era
questo bocciolo di rosa? Chi l’ha detto?

L’era di tutte le cose
dimenticate è a portata di mano.
Perciò ti scrivo
questo biglietto di ringraziamento, a te amico mio
che mi hai tirato fuori dall’acqua liscia come un olio del freddo dubbio
sul mio stesso poter vivere, e dall’orgoglioso villaggio
di comodità e disperazione borghese, dagli occhiali a specchio del dolore.
Che chi può prenda coraggio dallo spuntare
dell’alba con la stessa idiota soluzione sotto altre fattezze
così che tutti i significati possano essere squinternati a questo modo
a dispetto di quanto fossero importanti per gli uomini
che arrivavano nel futuro, dato che è così che deve andare
perché tutte le cose sotto la luce che si rapprende cambino
e perché lo schema le segua, inosservato, mercanteggiato
mentre anch’esso viene assorbito. Ma la congettura
è stata estratta da milioni di notti. I gasometri
lo sanno e crollano, per quanto nessun fato
lo pronunci durante le lunghe e fresche ore del riposo
Mentre dorme come può, anzi come deve, perché l’uomo trovi se stesso.

 

Da Houseboat Days, 1977, traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan)

Sasha Dugdale, Maldon

Maldon

And there on the coast like a Chinese lantern hung the sun.
Whatever you do, you should not let them pour off the half-island
To mix with the birds and the silts, said the wise woman.
For there they will become us – body of our body
Blood of our blood. And theirs and our flesh will hang
On bushes, like the undershirt of Midas. Dead throats
Will shirk in the sedge like spiderwebs, whispering
Of how the victors took pliers to teeth and chopped charms out.
No one left to remember the women, but they were deer
Fleet and hunted, springing sideways, stunned by a fist.
And when the sun rises, it will seem to our ancestors that a new race
Has come up out of the sea, dripping with gold, crueller than the last.

*

Maldon

E lì sulla costa, come una lanterna cinese, pendeva il sole.
Qualunque cosa tu faccia, non lasciare che prosciughino la penisola
Per mescolarsi con uccelli e limi, disse la saggia donna.
Poiché lì loro diventeranno noi – corpo del nostro corpo
Sangue del nostro sangue. E le loro e le nostre carni penderanno
Dai cespugli, come maglia di Mida. Gole morte
S’infratteranno come ragnatele tra la carice, sussurrando
Di come i vincitori portarono pinze ai denti, trinciandone fuori incantesimi.
Nessuno è rimasto a ricordare le donne, ma erano cerve
Veloci e impaurite, che balzavano ai lati, stordite da un pugno.
E quando sorgerà il sole, ai nostri antenati sembrerà che una nuova
Razza sia affiorata dal mare, intrisa d’oro, più crudele dell’ultima.

(Da Red House, Carcanet 2011; traduzione di Federico Italiano)

Anne Stevenson, Anaesthesia

Anaesthesia

They slip away and never say goodbye,
My vintage friends so long depended on
To warm the levels of my memory.
And if I grieve for them, grief has to learn
How to care sparingly and not to cry.
Age is an exercise in unconcern,
An anaesthetic, lest the misery
Of fresh departures make the final one
Unwelcome. There’s a white indemnity
That with the first frost tamps the garden down.
There’s nothing we can do but let it be.
And now this ‘you’ and now that ‘she’ is gone,
There’s less and less of me that needs to die.
Nor do those vacant spaces terrify.

*

Anestesia

Scivolano via senza mai dire addio,
I vecchi amici su cui tanto contavo
Per dare tepore alle pieghe della memoria.
E se per loro avevo dell’affetto, l’affetto deve imparare
A soffrire in economia e non piangere.
L’età è un esercitarsi nella noncuranza,
Un anestetico, ché la tristezza
Delle nuove dipartite non renda male accetta
Quella finale. C’è un bianco risarcimento
Nel primo gelo che opprime il giardino.
Non possiamo farci nulla se non lasciare che sia.
E ora questo ‘tu’ e ora quella ‘lei’ sono andati,
C’è sempre meno parte di me che dovrà morire.
E non fanno paura quegli spazi vuoti.

(Da Le vie delle parole, Interno Poesia Editore, 2018; traduzione di Carla Buranello)