I
– Uccidono Guido!
Lo grido nei vicoli
e nelle piazze, alle fontane
dov’è il viavai dell’acque,
ai cavalieri che passano
con le rosse zimarre,
alle celesti dame.
La gente che si ferma mi dice
che non è vero, che non ha
colpe, che non ho
colpa.
– Ma Guido muore! Ieri
ha scritto col sangue,
s’è sbiancato alla candela:
– TU PENSI CHE ARRIVI
DAL MARE?
– Poi non ha detto più nulla,
e c’era molta luna sull’assito
dell’altana. Ai primi
colombi dell’alba,
s’è sporto a guardare
il sole.
Io son da solo. Guido
mastica le mascelle,
il suo cuore è bellissimo,
io anche
ho paura.
II
Forse così, in un mattino
doloso di primavera, nato
dai versi, salito a rarità
di suono, a miracoli
di bianco sulla luce
di un volo che pure immobile
e cieco negli istanti
ultimissimi Guido seppe
volare e vedere, morendo
del proprio amore più che
dell’intransigenza
e del genio, e finalmente
sapendolo, come una perla
di Cina rinvenuta nell’anima,
stretta in pugno e di pari
natura, di pari grazia, lei,
lui, il mare poco
distante, il mare
che mescola…
Forse cosi l’immoderato
e miserando amicotrovò Cavalcanti
al ritorno sulla terrazza,
un poco scivolato
dalla scranna, gli occhi
sbarrati in alto,
chiarissimi,
più del cielo.
(Da I colloqui di Elpinti, Coup d’idée – Edizioni d’arte di Enrica Dorna 2015)