Paolo Ferrari, Schizofrenia

Fuoco sul niente, atterrita
aggiusta/consuma diritto e rovescio
la terra sconsolata. Uno/unico, stordita due volte
sulla mimica del volto.
La devastazione, afflitta lei sola nell’allungato
ovale
del volto, si è ritirata: ha ripetuto
due, tre volte
la frigidità del niente, di fatto caduco
simile
al suo eccesso: si ripete, rimanda
al corpo intravvisto e
negato, sospeso dagli
esseri che l’hanno visitato.
Lo tradiscono
nel dare vita entro quel segno del morto/muro
storpiato e rigurgitato
dove se stessa già a sé è mancata, infelice.
Sul limitare insopportabile,
è perverso lo squarcio
che ci contiene, ma non ci trattiene.

(Da I sentimenti gloriosi, Marco Saya Edizioni 2018)

Paolo Ferrari, Una lezione di storia

“Mi accorgo di me… Non mi occupo di niente.”
Non so spiegare… il compito che sazia
le meningi,
l’incipit mi affida alla totalità non-vista,
ignuda la proprietà:
me ne accontento cogliendone il misurato
vettore
che mi trasporta d’improvviso sul tetto-terrazza, veicolo
di trasferimenti sorti sopra la teca del cranio.
Mi metto a disposizione: quel sentire d’asperità
ha già scelto di saltare
la mia concezione della storia,
unicamente fatta di microscopici
traumi d’assaggiare,
e non ingoiare.
Ciò intuisco e li vedo sorgere
emergenti a brevi scosse
dai suoi occhi spenti
non ancora cerchiati
sotto le palpebre vibratili.

(Da I sentimenti gloriosi, Marco Saya Edizioni 2018)