Alessandro Grippa, Sera

I baccelli del fagiolo sono muti.
La rarità dei gesti occorsi a sparecchiare
è quello che rimane della cena,
un bucranio cavo, azzurro sul granito.
Davo le spalle ed è già buio
tra le foglie di erba salvia
dove stretto a un nodo di ceramica
si spegne il davanzale.
Sentito tutta sera dall’odore di gasolio
il tempo rivoltarsi nei limoni acerbi;
sono scese le temperature, alta
la borda, altre precauzioni che so
non rispettare. Ottobre
ci comincia ancora, dentro
i sogni; inizia nella schiuma dei gerani,
nella guardia forsennata della legna
il freddo, dettando l’unità della clausura.
Proprio come tu avvieni.
Ci siamo conosciuti molte volte
in questa casa. Abbiamo schiuso
in un abbraccio la nostra forma
sola, incuranti del disegno,
come se l’amore fosse l’unica
porzione da tradire.
– lascia che il mio corpo apra le porte –
vorrei dirti – la casa è chiusa a chiave
dalla neve – Un no distratto
nello specchio è il tuo si
sereno. Ho guardato spegnersi
nel traffico ogni data,
la gente ritornare. Nei vetri
il riflesso di due fari un attimo disfare
la piega del tuo sonno.

 

(Da Opera in Terra, LietoColle 2016)