I miei piedi in una sola mano
e un camino, bianco come fili di marmo,
come i fili di ricamo per i calzini.
Stavi lì e mi leggevi
di come i ricordi possano essere a puntini
sospesi nel vischio che intrappolava gli uccelli.
Il suono ogni tanto tremava
al ritmo degli scoppi nella brace
quando mi ricordavi come scrivere col fumo.
Ogni tanto girava la voce nel telefono,
i numeri sospesi in una giostra,
ed era una lenta danza verso la voce
dondolante di stoffa alle caviglie
che inseguivano i fichi secchi ai bordi delle strade
quando l’unico copricapo era una legna in equilibrio.
Ora i piedi sono ruote ma con il freno
e li tengo in due mani ma senza riscaldamento:
non arriva la fiamma a toccare i fili di neve sulle spalle
e la mano collinare è diventata coperta al vento
non più custode di scritte di carbone.
I segreti della porta sul retro non li sai più raccontare,
e ora la vita è in uno specchio smussato
e chi ti guarda è un volto di cenere.
(Inedito)