Avevamo una chitarra di ron piena,
e la notte.
Mantello nerissimo appena appoggiato sulle spalle.
Avevamo poche sedie per pochi amici, gli ultimi.
Avevamo una chitarra di ron quasi piena.
Schegge di lampioni notturni riflesse sull’ambra.
Avevamo la ragazza comparsa
dal nulla a farci compagnia,
con i suoi lamenti,
le lacrime d’amore e il fuoco tra le gambe.
Avevamo una chitarra enorme di ron
molto piena.
Avevamo la nostra amicizia vecchia
ed eterna, estesa nello spazio dall’oceano
della costa dominicana
fin sopra le case al di là della frontiera haitiana.
Avevamo tutti i racconti, gli aneddoti, le risate,
che solo noi possediamo; noi e quelli
che non ci sono più ma che erano lì,
dentro la chitarra con ancora ron fra i vetri.
Avevamo la polizia che ci controllava poi,
infine, quella fanciulla con le curve
dure. Troppo dure
per il mio fratellino affogato nel ron.
Avevamo una chitarra enorme
con pochi sorsi e una croce sul fondo.
Avevamo l’alba.
Avevamo poche sedie
per pochi amici.
(Inedito)