Furtivamente guizzando devi vivere qui, adesso, come uno scuro
gatto selvatico che con silenziosa fede si avventa
e graffia, orribilmente anche, con le dieci unghie tese;
che, se dorme, dorme a metà e
anche di fronte al pericolo si sdraia
e lampeggiando sparisce anche se duole la lotta.
O come fango dovrai appiattirti, a tradimento,
leccare morbidi piedi, se ti calpestano,
e sulla schiena mostrare che ne porti il segno
e quanto sia prezioso per te quel ricordo,
una medaglia sulla tua schiena, e la tua donna,
a mezzogiorno, al mercato, di te si vanterà.
Se questa strada seguirai, potrai vivere in qualche modo;
potrai annuire sopra cibi caldi
e nel silenzio serale sputarti in faccia.
Oppure ribellati, se non ci riesci,
e qui e ora niente acclamerà
la tua fame, e invano sarà stato fatto
il tuo primo bagno, perché questa epoca infanga. Ma
la tua fama passerà attraverso future e giovani epoche
più luminose delle luci dei cieli.
Pensaci. Se ti ribellerai, l’uomo delle future
giovani epoche ti acclamerà
e con crepitante fede farà il resoconto della tua esistenza;
racconterà, trasmetterà a suo figlio
il tuo ricordo che gli sia d’esempio, un albero forte
su cui si arrampichi il tenero, che cresce.
(Da Scritto verso la morte, D’Urso/Salvatore Sciascia Editrice1964; traduzione di Marinka Dallos e Gianni Toti)