Alessandro Agostinelli, Vicolo del porton rosso

c’è un muro di fronte alla finestra
della cucina di casa mia
nel vicolo del porton rosso.
è su quel muro che leggo i continenti
sento i refoli dei venti
le turchesi braccia dei tesori
sventolare sulle terre del galoppo
e vedo agitarsi oceani in tempesta.
proietto lì, sopra i mattoni multicolore,
le direttrici di viaggio della mia età quasi adulta
io che non cresco mai
perché vedo il mondo intero
dentro un pezzo di muro.

(Inedito)

Alessandro Agostinelli, brodskij

lo diceva josif brodskij
in una sua conferenza
che questa stanza, proprio questa
– diceva lui –
non è sempre così, così
come la vediamo ora noi;
questa stanza è riempita
per lo più di silenzio
nell’arco delle 24 ore,
io dico che anche per questo
si deve avere rispetto
dignità!, dico rispetto
per il suo silenzio
e se ancora questa stanza
ha una sua disposizione
che può apparire naturale
non si deve stravolgere
troppo.

lo scriveva josif brodskij
che ha vinto il nobel
come tanti l’hanno vinto
e tuttavia sono più quelli
che non lo hanno vinto,
e che comunque hanno scritto
e suonato con le parole,
con le loro serpentine di parole,
magie bicchieri favole
e le altezze delle donne
il loro sguardo
di gioie freschezze
giorni di festa,
e il mare di notte
che è nero, perché
è nero come il mare
che mugghia e poi
spuma bianco e
resta nero a largo
di notte che l’orizzonte
si stempera nel buio
del mare-cielo
tutt’uno divino e santo,
e si diceva del nobel
di brodskij e che
scriveva qualcosa che poi
alla fine ha a che fare col mare
perché introduce un vero
essere del mare
di un mare caldo e forte
come quello di derek walcott
mezzo rosso e mezzo nero
come quel mare là, insomma
il suo mare nero
ma anche mezzo rosso.

e lo scriveva josif brodskij
per la mappa del nuovo
mondo di derek
che le civiltà sono qualcosa
di finito, e nella vita di ognuna
viene il tempo in cui il centro
non tiene più, e allora,
quello che le salva,
che salva queste civiltà in declino
(come questa nostra)
questi imperi sottosopra,
quel che le salva dalla disintegrazione
non sono gli eserciti e le legioni,
ma la forza della lingua,
fu così per roma
e per la grecia dell’ellenismo
– voi lo sapete –
e poi alessandro magno….

in questi momenti
lo scriveva josif brodskij
il compito di tenere
di reggere il declino spetta
agli uomini delle province
delle periferie.
la periferia dell’impero
non è il luogo in cui
finisce il mondo, ma
è il luogo dove il mondo canta,
perché alla fine si canta.

e quando josif brodskij
scrive così – e anche fra pochi secondi
che ve ne racconto un’altra delle sue –
lo so perché ha vinto il nobel.

e lo scriveva josif brodskij
che le vere biografie dei poeti
sono come quelle degli uccelli,
i dati vanno ricercati
nei suoni che emettono;
e allora voglio cantare anch’io
e sproloquiare qui davanti a voi
che bevete tranquilli
nelle vostre tiepide case
e che trovate tornando a sera
un cibo caldo e visi amici,
ditemi chi sono io che il mezzo
del cammin di nostra vita
è ciò che non siamo
come cocci aguzzi di bottiglia
che il guardo esclude e poi
pum pum
quell’albero secco lassù
e la forza dell’intelligenza
di josif brodskij e di voi
che state seguendo questo sintomatico
armonico ossimorico
rap serenata al sapore di sale
sapore di mare che pisa
non fa la stupida stasera
che azzurro il pomeriggio
e stato troppo azzurro e lungo
per elisa quando margherita
non c’era sulla locomotiva
che buca ancora e a notte
alta e sono sveglio e
il chiodo fisso ora
è come finire questa
vita spericolata che mi fa
continuare a parlare sulla musica
e tutto qui è reso magicamente
soffuso da questa luce
seminotturna seminterrata
e tutto non potrà che andare bene
e anche per il meglio
perché conosciamo le strade
e la luce della notte
e sappiamo dove andare
e abbiamo occhi per guardare
altri occhi e mani per toccare
e orecchie per sentire
e bocche per dire e piedi
per muoversi e siamo
tutti quanti noi puri
e statemi bene e buonanotte
a me a voi, e a tutto il mondo
di cui siamo cittadini
e buonanotte suonatori…

 

(Da Agosto e Temporali, Edizioni ETS 2000)