Stefano Della Tommasina, Little boy (hiroshima mon amour)

Sesso davanti al bar del Paradiso
la stele implode nella bellezza
di un frappè con panna
gli astanti incrociano le dita
sanno che non è giornata,
fama desolata ai fianchi
delle particelle, piaghe da antico
testamento. Mon Amour, my little boy
(o, malamente, pargoletto mio)
mi guardi da un futuro spoglio, devitalizzato.
Evapori sulla moria dei pescatori
come un lenzuolo sollevato sulla pelle
sul dorso spigoloso delle sogliole, del piombo.

(Inedito)

Stefano Della Tommasina, Hunky Dory

L’elfo riposto prima della pioggia, prima del diluvio.
I nostri passi adolescenti sotto le mura del castello.
Il muschio, la vegetazione intorno
erbacce, alberi abbattuti, alberi nuovi, rovi.
L’attimo durava per il mio piacere
come una nota tesa sulla corda di violino.
Allora non avrei pensato di tornare
dopo quasi mezzo secolo
trovarlo nella plastica miracolosamente
risparmiato, un po’ sbiadito, quasi integro,
accanto a un masso enorme
il pugno chiuso delle note
le tracce che avrei dovuto udire
quella sera. Ora non è possibile
le onde ritorte di vinile
un mare in miniatura in piena notte
in pieno inverno
le scaglie nere e martiri di melodie illeggibili.
Furono i nostri corpi le canzoni di una sera,
come la pioggia il vento freddo il buio
l’inevitabile fruscio di insetti
i roditori impauriti
le labbra riverenti come crini di un archetto
alle improvvise crome bianche,
rivoli di impermanenza.

 

(Da Museo Bianco, Opera Prima 2015)