6.
Solo quando poi era il momento dei regali, e quando poi era il momento del
Bambinello, e quando poi era il momento dei botti, era tutto un da farsi, noi
eravamo in qualche modo uniti, urlanti noi, le urla delle nostre madri, le urla
dei nostri padri per parlarsi tra le nostre urla, anche durante il Bambinello,
le nostri madri, le voci all’improvviso bianche, urlavano in canto preghiere,
i nostri padri continuavano a parlare, facevano la croce quando tutto finiva,
noi facevamo la croce decine di volte al giorno, quando tutto iniziava, sempre
la croce, quando tutto finiva, la croce, prima dei regali, dopo i regali, quando
era pronto, prima di tornare alla vita lontani dalla tavola, quella volta uno dei
nostri padri, gonfio di grappa, prese per il collo forse il più grande, forse, lo
prese per il collo con la mano sinistra, gli diede uno schiaffo con l’altra mano
e per giorni, poi, era il Ventiquattro, fino all’Uno ancora il segno delle dita,
noi eravamo uniti e sorpresi, si vedevano tutte e cinque, ma perché, i segni,
perché, le nostre madri e gli altri nostri padri se lo chiedevano, perché lo
schiaffo, noi non ce lo chiedevamo, non lo abbiamo mai saputo, ridevamo
inorriditi, contando le cinque dita sulla guancia, provando anche noi, su noi
lasciarci il segno sulla guancia, in qualche modo uniti, l’Uno eravamo tutti
rossi di schiaffi, il più bravo aveva lasciato bene le dita, ridevamo inorriditi.
(Da La terrazza. Un’esalazione. Silloge inedita)