Lorenzo Pataro, Ti ho posato sulla terra

Ti ho posato sulla terra
a soffrire la vampa d’agosto,
mio dolore.

Non verrò ad asciugarti
il sudore: ti lascio
l’imputridire del lamento dolce,
lo sgorgare dei pezzi di pelle masticata,
le feci che scottano, ti lascio
a capirmi, ti condanno a te.

È inutile supplicare
se la voce che usi
è la mia.

 

(Inedito)

Lorenzo Pataro, E se fossimo solo un’ipotesi di volo

E se fossimo solo un’ipotesi di volo,
un’istruzione leggera all’apertura
delle ali, se fossimo solo
il capovolgimento, la conversione
di un altro altrove in cui vive
la nostra parte divisa,
e se un giorno ci ricongiungeremo
con la coincidenza esatta
della felicità, e se allora forse
sogno e realtà
arrivassero finalmente
a coincidere, e se questa fosse solo
una possibilità da spartire
con l’altro, da scambiare
come in un patto?
E se riuscissimo a non rifletterci
più, se riuscissimo a valicare
il limite dello specchio,
del cielo, della porta, riusciremmo
a ritrovarci ancora interi,
veri come una volta?

 

(Inedito)

Lorenzo Pataro, Darsi al Vento

Ingoiare per sbaglio i noccioli delle ciliegie:
errore di fatalità diresti
istante negato che si partorisce dal buio
emerge dai cunicoli della gola
e li addenta come una madre quando vorace
trascina dai polsi il suo bambino
per insegnargli la ferocia dell’ascolto.

Ritirare la sete:
difetto di volontà diresti
istante scelto che si contorce al sole,
come ritira la lingua la serpe,
la saliva amara.

Spezzare la punta della matita
sentire le vertebre stridere
con la grafite:
errore di precisione diresti
pugile flaccido
bersaglio mancato per un soffio
troppa superbia nell’impugnare l’arma.

– Siamo fatti per cadere –
ti dico mentre ti ergi a un millimetro
dal mio gettare
e vorresti che i coltelli
non sviscerassero il vuoto.

 

(Da Bruciare la sete, Controluna-edizioni di poesia 2018)