Se mi rovesci in testa il pentolone
si fonderà l’orecchio con la guancia
l’occhio si incastrerà nella fronte
il naso mi colerà sulle labbra.
Riplasmerai tu il dolce viso
che ti condusse un giorno a farmi sposa?
Inciderai col bulino la fanghiglia secca
mi rifarai più bella?
E se poi mi spaccherai come noce
sgranandomi i gherigli delle ossa
come farai a trovarmi i fianchi
per posarvi, di notte, le tue mani?
Oggi le nozze sono consumate
oggi rinnoviamo le promesse.
Sulle mie bianche scapole ricade
tutta scintillante la veste nuziale.
Una musica sale, iniziano le danze.
Quale ballerina avrà vita più sottile
e così esili braccia e dita tanto filiformi?
Chi mai infilerà con altrettanta eleganza
nello scarpino il piede affusolato?
Offerte flessuose alle tue dita
le trentaquattro vertebre ondeggiano
vedi il perfetto candore
della cipria che m’imbelletta?
Vedi come biancheggia
la collana dello sterno?
Com’è delizioso il corpetto
del costato che mi adorna?
E le giunture delle falangi
lo vedi come m’inanellano?
Che bel bracciale di perla
splende tra l’omero e l’ulna?
Quale ballerina mai danzerà più leggera?
Quasi senza peso alle tue braccia
volteggio, piroetto, arabescando nell’aria.
Come incanta la grazia dell’umana armatura!
La carne è effimera e lo scheletro
è fatto per nutrire una passione duratura.
Mio caro, come vuoi, mi ti concedo
entra in me senza sforzo, sono cava.
Orsù ripeti la parola amore
rinnovami gli eterni giuramenti
immergi gli occhi nell’abisso dei miei occhi
posami un bacio, a suggello, sui denti.
(Da La Statura della palma. Canti di martiri antiche, Edizioni Cofine 2019)
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