Luca Atzori, Natura


darstellen und
nicht
erklaren

G.

La natura è come una superficie
coperta di cunei
ed ecco dunque perciò
ogni poesia
è già dimenticata.
Ogni prova
pluricellulare
(anche voce del verbo, sì)
a doux gout
con la polpetta eucariota:
mastico con la bocca aperta
guarda aaa
ogni verso sarà cancellato
dal piscio nanometrico
che solo ha saputo farsi spazio
nell’ammassamento dei giganti
in quell’angolo farcito
come il sito dell’inps
ai tempi della tua
vita mortale.
Spazzati via Montale e Rimbaud
e Dante Petrarca
e addormentarsi la sera
restare così come s’era
tutto ciò che dura
lascia che tutto ciò finisca
-un secondo lasciarmi
che devo fare il bisogno
e torre che crolla
piogge, maggesi:
galatei creature
di mille saggezze
tutto quel muoversi
tumulto allarmato
cantato dal saggio dei gufi
niente di lirico
in ciò
niente in ciò
niente hai capito
nientemanzia.
Scivola il ramoscello
ricade bemolle
per l’estatica rimembranza
daremo un senso
alla nostra digestione
quando avremo finito
i cioccolatini pasquali
rimasti
del Sole
che inghiottirà
la Terra.

(Da Vangelo degli infami, Eretica Edizioni 2020)


Luca Atzori, La donna vestita

Una donna canta, vestita di rami
coperta da bianche lenzuola
al centro del palazzo di acciaio
(che crollerebbe
in condizionali
sismici anni settanta)

Tanto amore richiesto mi chiedi
flessa che guardi, sei tu
di te parlo infatti, in terza persona
che osservi con gli occhi delle anche
(lo dice lo sguardo
del mio corpo cavernoso)

Impallidisci, ti piace, qualcuno
guardandoti imprime sulla punta
del proprio cuore (ancora mitocondrio
in abito vedo/non vedo)
un ricordo, riscaldato come le stelline
sul sofà nei lunedì sera in quella fame…

La mattina sei vestita di piume
la donna vestita di zucchero
che sorride alla finestra
mentre cinguettano i cancelli

La nostra camminata sottile
quella che è mare anche lì
dove il respiro diventa onda
e sa di imitare le acque

Tiene conto che nel momento
in cui poggiamo le guance
alla bocca (sempre separata)
per pronunciare
lei, la donna vestita di rame
sorride mentre sgocciola

sussurra la catastrofe della volgarità
osservando il grugnito che mette
il silenzio irradiante le ceste
di voglia e calci sul tavolo
mentre il Sole batte forte
e c’è allegria dentro la stanza!

La tristezza, è matematico
gioca sempre alla rabbia
in un mondo dove qualcosa
esplode, la donna vestita

 

(Inedito)

Luca Atzori, le Poste

Alle poste incontrai un negro
che faceva l’impiegato
mentre io ero il cliente

quale sorte nella vita
quale sorte quotidiana
quale rappresentazione

come sono Goffmaniano
come sono sociale
come sono intellettuale

quanta governance
quanta educazione

mi succede spesso quando incontro un negro
che conosce la burocrazia meglio di me

ogni volta che incontro un
negro
io apparecchio tavolate di fiori
poi mi preparo, faccio un respiro
e si! Sono un imbecille!
Sono un imbecille!

ma non m’importa!

perché sono italiano
(e qui una nota si sospende)
un italiano vero.

 

(Inedito)