Non è compito della poesia
consolare il male dal proprio male.
Il compito semmai è nominarlo.
Dal fondo di ogni frase pronunciare
la cicatrice tenace, la confessione
che sappia scongiurare un’ingiusta condanna.
Le licenze poetiche sono errori
di sintassi; non tutto è perdonabile
malgrado la stipula di una tregua
per queste illegittime indecisioni
persino sull’accento esatto
oltre il quale andare a capo,
sulla fede da riporre nelle parole,
nella loro tangibile chiarezza,
nelle frasi che mettano a dimora
il senso basilare delle cose,
del luogo in cui già siamo stati,
di cui abbiamo perso il ricordo.
Dire ciò che ho imparato oggi
che ieri non sapevo è più facile
che dire ciò che oggi ho scordato
(Da Monologo dell’angelo caduto, Fara Editore 2022 )