Tommaso Urselli, Timshel

Fratello, tu sei mio fratello: ogni tanto
tra fratelli capita la guerra, e questo
fa dolore. Una guerra non di armi
ma di parole e parole, infinite
elucubrazioni. Ma la parola viva
genera azioni e non solo il nominare –
proprio come il Tao che ami di cui dice
Lao-Tse: il Tao di cui si può parlare non
è l’eterno Tao –. Qualche settimana
fa ne ho imparata un’altra: Timshel.
Questa è la parola che dice Max
amico e attore in “La valle dell’Eden”
dove interpreta il ruolo del cinese
e mi fa sorridere raccontarlo ora
a te, da poco ritornato dalla
Cina che ami, la Cina con le sue
contraddizioni: i templi taoisti su
montagne che quasi toccano il cielo,
i grattacieli modernisti, la
rivoluzione rossa di ieri, quella
degli ombrelli di oggi, la repressione:
tutto nel medesimo posto come
fossero posti diversi, invece è uno.
Come noi: diversi ogni momento
ma sempre noi, e per fortuna: Timshel!
Così ogni tanto ripete Max, amico
attore, fratello di una famiglia
più grande, quella del teatro del mondo
dove si vive e si muore. Timshel:
tu puoi… possiamo scegliere.
Non è una parola del taoismo a te
caro e nemmeno del buddismo a cui
mi sono avvicinato, è dell’antico
testamento da cui per tanto mi
ero allontanato e ora lo reincontro,
guarda un po’, sulle scene di un teatro.
È poi anche la parola del padre e
della madre che ci hanno generato.
Ma è anche tua è anche mia: una parola
senza confini senza razze senza
muri se non quelli che scegliamo
– lo sappiamo o non lo sappiamo poco
conta – di costruirci da noi stessi,
si chiamino essi taoismi buddismi
cristianesimi ateismi… gli “ismi”
non portano da nessuna parte, sono
vicoli ciechi, parola che si ferma
alla parola e non genera azione:
muore.
Gli “ismi” sono muri da
abbattere – dopo una Berlino
ce n’è sempre un’altra – se vogliamo
arrivare a noi e alla nostra pelle
e carne, al pensiero che suona: Timshel,
possiamo scegliere.
È una parola
– non lo sapevo prima d’ora, prima
di parlarti in questa lingua-musica
un po’ storta un po’ contorta: che ci
vuoi fare, è l’unica in cui in me
sono collegati bocca e cuore – è
una parola, dicevo, che viene
forse dal mare: invento ma così
mi piace pensare. Lo stesso mare
dove nostra madre ci ha tenuti
e ci ha “imparati” a nuotare. La stessa
acqua in cui a nostro padre piaceva
stare e stare ore a mollo, fermo
a pensare: nuotavano i pensieri
al posto suo, i suoi pesci-parole,
tracciando poi la loro forma viva
sui fogli di poesia che ci ha lasciato.
La stessa acqua, dolce salata o col
cloro, come quella della piscina
davanti a cui ora mi trovo, parlandoti
in musica prima di entrare.

(Da Oggi ti sono passato vicino, Ensemble 2020)

 

Tommaso Urselli, Lampadina

La lampadina che sta ferma e prega
per favore per favore non andartene
ancora un po’ fammi esistere, non
schiacciarlo quel bottone che mi fa morire,
esplodere in luce.

 

(Da Oggi ti sono passato vicino, Edizioni Ensemble 2020)