Un giorno scriverò della penna
Offesa, umiliata, sputtanata
Ancora dalle tribù agelaste
Del verso ridicolo e abbrutito
Fin troppo falso, severo e insulso
Fasullo o semplicemente brutto
Al cuore freddo, alla mente opaco.
Non me ne voglia il critico, il savio
Il professore, quello scrivente
Comune privo di gusto e grazia
Che il filosofico osanna, poi
Il genio altrui misconosce e ammazza.
Del pari eviterei anche lo sciocco
Il rozzo, il goffo, lo stereotipo
Sciancato del nevrotico illuso
E disperato, devoto al manico
Di scopa (che non vola e non lava).
Soprattutto mi terrei lontano
Dalla femmina ribelle e santa
Che fiera lotta però non sfoga;
Dai giullari astemi e originali;
Dai precari tronfi dello spirito;
Dai violinisti senza violino;
Da tutti quei vili e quei meschini
Slavati, venduti, riciclati
A un’arte che lodano e non amano
L’odiano, sì, senza disprezzarla.
(Inedito)