Fiamma Lolli, Cosa scriviamo quando scriviamo poesia

Dai dodici ai quattordici anni
circa
io scrivevo poesie:
una ogni giorno,
anche se a volte
tornavo sulla stessa per limarla
(allora non dicevo
“limarla”: dicevo “migliorarla”
o “finirla”,
cominciando a intuire
che forse non l’avrei finita mai.
Invece la finivo).
E quando mi sentivo soddisfatta
o comunque convinta
che una parola in più l’avrebbe rovinata
la mettevo in un fustino usato
di detersivo, che avevo rivestito
con carta a fiori gialla, rosa e rossa.
Era orrendo.
Poi, quando si riempiva
fino a toccare l’orlo, le premevo
con tutte le mie forze
e sempre c’era spazio
per una nuova.
Scrivevo a mano
su fogli di quaderno
che strappavo, alla fine
della poesia.
E così per due anni,
circa,
vacanze a parte.
Un giorno uscii di casa
come ogni giorno, per andare a scuola,
e quando ritornai
trovai il fustino vuoto.
“Sembravano cartacce, non sapevo
che ci tenessi tanto. Erano fogli
stracciati, stropicciati”– ed era vero –
“ero sicura
che fossero cartacce”,
disse mia madre.
Non ho voluto credere
che fosse stata lei: perciò, vigliacca,
addossai ogni colpa a una donna
che ci aiutava in casa
e se ne andava.
Io ero disperata.
A ripensarci erano tremende:
parlavano d’amore
a nessuno,
con parole sbagliate e ricercate.
Me ne ricordo una.
Non la saprete mai.
Da allora
ogni volta che scrivo io riscrivo.

(Inedito)

Fiamma Lolli, Padre Mostro

Padre bruciato, spudorato, disamorato,
padre senza faccia, padre senza braccia,
padre che somigli al dolore,
padre senza cuore,

padre di pietra e polvere, padre senza terra,
padre nato in guerra,
vecchio, disperato, padre abbandonato,
padre che non ha amato,

padre che ho tanto amato e più non amo,
padre che se lo chiamo –
padre? – non mi risponde,
padre privo di sponde,

padre senza parola,
padre che mi vuoi sola,
padre sconfitto, perso, disseccato,
padre di ferro, padre sbagliato.

Padre che di troppo non ti sei accorto.
Padre morto.

(Inedito)