Davide Colletta, Di più

E sempre dicevi di più, vorrei di più
Ma io non sapevo che farne
Di queste chiacchiere o
Mancanze – non so come chiamarle
Perché oltre di più
C’è il fondo che ci ostacola,
Il mistero dei misteri e non si sa mai
Che forma abbia
Se luce, ombra o aria
Che si porta appresso
Quello che non resta
E dietro anche noi
Che domandiamo
Quid noctis?
Sui visi nostri e degli altri,
E ridomandiamo ancora
Dove arrivi la domanda,
A quale di più possa arrivare.

Davide Colletta, Ora ricordo le notti rotte

Ora ricordo le notti rotte, quell’aporia
Non avere ciò che cercavamo
Nel fondo secco dei bicchieri:
Tuo padre e la sua voce
La poesia della vita
una strada.
Ora il tuo vuoto ha altri nomi
Una geografia: è una scarpata,
Il rumore sadico della morte
nelle sterpaglie, un’emorragia
A nord-est dell’addome

Ma santa Cecilia del mio mondo
Devo ascoltare un’ultima volta
Il carillon dei tuoi occhi nel fracasso
Delle vie, per dirti che vive ancora
Qui, dove viviamo noi
E forse canterà nei cieli
La pioggia del suo addio

(Inedito)

Davide Colletta, Io e gli altri, tu ed io

 

C’è sempre una galassia dentro
In mezzo un divisorio da pensare
Una miopia; e capirti chiaro
(Come sei davvero) è rinunciare
Alla misura del tuo nome, povera
Come la mia; galleggiare in andata
E in ritorno dopo lo schianto –
Pelle contro pelle – di uno scoglio
Ma San Martino del mio mondo
Dimmi che tutti mendichiamo
Scalzi su un selciato, a tutti
Darai la grazia di un mantello
Il perdono di uno straccio
E ovunque andremo, i conti
Dell’incompreso saranno sempre
In questa forma individuale
L’umano destino, l’universo.