La cuticola del seme
si tende,
si gonfia,
esplode.
In quel momento di rottura
fragile
il nuovo germoglio si mostra.
Nella morte la vita si nutre.
Di sola vita si avvizzisce.
Ci si interroga sulla giusta
sopravvivenza.
Si pesa quanto cuore impacchettare per non perdersi
nel troppo offrire.
Non c’è peso, non esiste misura.
Non c’è un grado di putrescenza del sé.
Si muore calcati nella terra grassa,
senza sapere del domani, gli occhi bassi.
Il tenero germoglio verde ci mangia torturandoci le membra.
Non possiamo sapere il domani.
Acqua, vento, sole e neve.
Nel tempo percepiamo un fuscello di noi.
Basta quello.
(Da Il dolore un verso dopo, puntoacapo 2016)