Sul tavolo l’agenda
il fine settimana:
in pagina due giorni.
Gli angoli dei giorni
risvolti del da farsi
assente del presente.
E tenue, nel presente
qualcosa ognuno tira
a sé per dire noi.
L’applauso che succede
bare, portate in spalla.
(Inedito)
Sul tavolo l’agenda
il fine settimana:
in pagina due giorni.
Gli angoli dei giorni
risvolti del da farsi
assente del presente.
E tenue, nel presente
qualcosa ognuno tira
a sé per dire noi.
L’applauso che succede
bare, portate in spalla.
(Inedito)
La gestione del troppo è fatta
per sottrazione, per cura
dei bordi del baratro
per sguardi distolti dal dito,
per rito consueto.
Si dice rifiuto quel modo
che hanno le mani, gli occhi
di dire dell’altro
di ridere in forma di spasmo.
Rotule molli,
le degradazioni vistose del chiasmo.
(Inedito)
Più che l’ulteriore risposta,
la nuova domanda slegata.
Cosa continua impunemente:
in un dopo che prende cura,
che prende distanza;
in un dopo che ritiene, controlla,
ingiunge la colpa;
in un dopo che vede tradotta la “vita” in “uno stile di”.
Un tempo era la pagina bianca.
Oggi, diverso il supporto, intatto l’abisso.
Presente ovunque,
il consentito è un dissentito dire.
Oggi è quarantena ovunque
e noi giochiamo e siam giocati
che è come dire “la condanna d’esser nati”.
Oggi siamo gettati ovunque,
e ci sorprende quanto abisso
porti in dono ognuno
per non esser stato cittadino.
Oggi si guarda,
mentre dorme quello spirito guerriero
che dentro è ruggine.
(Inedito)