Milo De Angelis, Il cerchio

Un modo di violare la grazia
di questi abiti, tra le danze e il vino
e i volti fini:
non c’è. La nebbia entra dalla finestra
morbida, avvolge
ogni crudeltà, vellutandola. È un inverno già caldo
in cui ciò che manca annuncia il ritorno
e là dentro l’agonia degli animali compone un ordine
musicale.
Anche i buchi di morfina
nascondono il sangue.

 

(Da Tutte le poesie 1969-2015, Mondadori 2017)

Milo De Angelis, Le costanti del tempo

Scrivo sul cartone, sulla
foto di gruppo, sulla gabbia dei colpi
che i malati talvolta hanno. Come spose
camminano con l’acqua, sanno che
la vita ha chiesto un solo miracolo osceno. E penso
al tenero catechismo del salesiano, quando
morì balbettando in un dialetto. Giancarlo
era con me. Disegnava
strani animali, aerei sui tetti. Pregava. Non
per risorgere o per un altro azzurro. Voleva
un’arte più serena di noi. Pregava così, la buona avventura,
lo stesso colore, qui, dell’insonnia.

 

(Da Distante un padre, Mondadori 1989)

Milo De Angelis, Eppure ci proibivamo

Eppure ci proibivamo
l’aria degli altri: anche tu
che ti dai in favore di esseri
e la tua tentazione è parola
tra le classi.
Dovevamo pagare
ancora, in cantina.
Mentre il cavo alle mani e uccidere
con la corrente nelle pupille:
l’attimo dell’offerta, se volevi, per scintillarle.
Senza imparare il presagio, affrontandoci,
il gesto meno certo. Niente
andava aggiunto
perché nemmeno un’opera
è già espiata
e le nostre mutilazioni
erano solo un inizio.
Ti sei fatto vedere, lasci
tracce, tu che rinneghi
le mosche massacrate nell’olio
per un dolore pubblico, nell’azione.
E sei lontano, ami tra i denti
una donna
che non cederà la sua salvezza.

Noi siamo la famiglia ferma
nella nascita. Noi ti chiediamo.

(Da Tutte le poesie 1969-2015, Mondadori 2017)

Milo De Angelis, Cartina Muta

Ora lo sai anche tu
lo sappiamo
mentre siamo per rinascere
Franco Fortini

Entriamo adesso nell’ultima giornata, nella farmacia
dove il suo viso bianco e senza pace non risponde al saluto
del metronotte: viso assetato, non posso valicarlo,
è lo stesso che una volta chiamai amore, qui
nella nebbia della Comasina.
Camminiamo ancora verso un vetro. Poi lei
getta in un cestino l’orario e gli occhiali,
si toglie il golf azzurro, me lo porge silenziosa. «Perché fai questo?»
«Perché io sono così», risponde una forma dura della voce,
un dolore che assomiglia
solamente a se stesso. «Perché io…
né prendere né lasciare.» Avvengono parole
nel sangue, occhi che urtano contro il neon
gelati, intelligenti e inconsolabili,
mani che disegnano sul vetro l’angelo custode
e l’angelo imparziale, cinque dita strette a un filo,
l’idea reggente del nulla, la gola ancora calda.
«Vita, che non sei soltanto vita e ti mescoli
a molti esseri prima di diventare nostra…
vita, proprio tu vuoi darle
un finale assiderato, proprio qui, dove gli anni
si cercano in un metro d’asfalto…»
Interrompiamo l’antologia
e la supplica del batticuore. Riportiamo esattamente
i fatti e le parole. Questo,
questo mi è possibile. Alle tre del mattino
ci fermammo davanti a un chiosco, chiedemmo
due bicchieri di vino rosso. Volle pagare lei. Poi
mi domandò di accompagnarla a casa, in via Vallazze.
Le parole si capivano e la bocca non era più impastata. «Dove sei stata
per tutta la mia vita…» Milano torna muta
e infinita, scompare insieme a lei, in un luogo buio
e umido che le scioglie anche il nome,
ci sprofonda nel sangue senza musica. Ma diverremo,
insieme diverremo quel pianto
che una poesia non ha potuto dire, ora lo vedi
e lo vedrò anch’io… lo vedremo,
ora lo vedremo… lo vedremo tutti… ora…
…ora che stiamo per rinascere.

 

(Da Poesie, Mondadori, 2008)

Milo De Angelis, Soltanto

Soltanto questo crescere
indifferente allo sguardo e pieno
di ciò che ha visto
era possibile: se ci sono
due barche
non contava il loro punto d’incontro, ma la bellezza
del cammino dentro l’acqua: solo così,
solo adesso, non spiegare.
Ed è atroce
ma bisogna dire di no alla sua fronte che
piange e non capisce, e ama
come per millenni si è amato, promettendo
in una terrazza buia, accarezzandosi
tra le foglie minacciose.

 

(Da Poesie, Oscar Mondadori 2008)

Milo De Angelis, Tutto era già in cammino

Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto
il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti
i respiri si riunivano nella collana. Le ombre
di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza,
assorta, diventò il primo battito. Il nero
dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio.
Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate.
Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era
già in cammino, da allora, tutto era qui, unico
e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva
di essere atteso, di tornare nel suo vero nome.

 

(Da Tema dell’addio, Mondadori 2005)

Milo De Angelis, Nel Cuore della Trasmissione

Nel Cuore Della Trasmissione

Di sera ti sanguina la bocca
e ti aggiri frenetico
nel cerchio della tua necessità
nel dormitorio senza finestre
mentre interi popoli guardano i bei quadri, tu
rivedi i passi giovanili
con gli occhi sbarrati della fine:
non l’idea reggente, ma quell’immobile
raffica che ti esige fino all’ultimo,
ti chiede l’esatta versione e l’esatto
andare a capo, te lo chiede interamente
mentre ti aggiravi a un centimetro
dai corpi ed eri ciò che resta muto
quando due si lasceranno presto
quanta poca vita rimane in un saluto
tu eri questo.

(Da Poesie, Oscar Mondadori, 2008)