Consuntivo: lirismo e poesia
La notte è così triste
che qualcuno
si è messo a ridere
(Kenshin Sumitaku)
Dice un amico che quello che ho scritto
“È perfino umoristico”,
come se la poesia dovesse a forza
essere un funerale, oppure l’aria
d’un tenore ingrifato.
“Tu scherzi sempre?” chiedono.
Il recensore giovane mi respinge via mail:
“La poesia è cosa seria!” – me lo immagino
mentre lo proferisce,
indice e medio uniti verso l’alto.
L’ho capito a mie spese:
la lirica richiede atteggiamento.
Ricordi quando stavi per venire
(“Amore, amr, vengo, vng, vnnggghhhhh”)
e io son scoppiato a ridere, smontandoti?
Per essere creduto, perché vada tutto liscio,
devi inscenare o credere sacralità nell’atto
(coito canto scrittura),
smarcarti per un poco
dall’assurdo, grottesco quotidiano.
Emanare una certa autorità.
A me proprio non riesce.
(Da La perdita e il perdono, Pietrevive Editore 2020)