Paolo Ruffilli, La parola per me

La parola, per me,
veniva da distante.
Un a priori, quasi,
l’avvertivo. Un eccitante.
In un processo in
qualche modo inverso.
Nel darle per riscontro
una realtà che invece,
più toccata e presa, più
sfuggiva inconsistente
ai cinque sensi.
Con l’effetto di essere
lanciata contro un corpo
pronunciato e, nel
suo dirlo, di colpo
riafferrato.

 

(Da Piccola Colazione, Garzanti Editore 1987)

Pubblicato da

Critica Impura

Letteratura, filosofia, arte e critica globale.

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